Craig Taborn

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44. Deutsches Jazzfestival Frankfurt 2013: Craig Taborn - Source Own work Author Oliver Abels (SBT) - Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license.
Tra i pianisti jazz che cercano ispirazione da qualsiasi elemento musicale di qualsivoglia derivazione stilistica, il problema è spesso ricondurre a sintesi personale ed originale, un collage che in molti casi rischia di diventare asfittico e senza sapore: Craig Taborn è uno di quegli splendidi “ruminativi” che il jazz sta offrendo negli ultimi dieci anni; anche lui possiede una profonda conoscenza della musica che lo ha preceduto, e anche lui è attento nell’attribuire al jazz una formula disomogenea che abbia il pregio di potersi fare apprezzare. Non è solo un pianista jazz, è anche un musicista che sta cercando di affrontare il tema “tastiere” anche in un ambito non collegato alla tradizione jazz. Dopo essere stato il pianista di James Carter negli episodi di “The real quietstorm” e “Conversation with the elders” rimanendone piuttosto offuscato dalla presenza del leader sassofonista, Taborn ha avuto il piacere di approfondire l’improvvisazione con mostri sacri del calibro di Roscoe Mitchell, Evan Parker e Tim Berne, caratterizzando in maniera notevole (anche per un principio di affinità) gli esperimenti in trio della sassofonista Lotte Anker. Infatti Taborn ha maturato il suo stile proprio a partire da quelle prove nel decennio scorso e con l’avanzata di un certo tipo di elettronica (techno-beats, suoni ambient, scarti concreti) nello splendido episodio di “Junk Magic”, liberandosi quasi completamente di orpelli compositivi che irrimediabilmente lo riportavano nel solismo eccelso di un ben radicato e conosciuto jazz-mainstream ed inserendo elettronica mirata nella composizione e un violino microtonale; un’operazione che per intenti musicali si avvicinava molto a quella fatta da Brad Mehldau nel suo “Largo”. Eicher ha capito che Taborn era pronto per entrare nella sua scuderia e non era nemmeno troppo avanguardistico nei suoni; era un magnifico rimescolatore a cui mancava probabilmente l’acuto discografico. “Avenging Angel”, tutto al piano solo, è il modo migliore per introdursi nella sua musica, poichè mostra in maniera inequivocabile tutte le sue caratteristiche e le sue influenze: quello stile del tipo “lasciar fare al piano” per arrivare a scovare i suoi segreti, si sostanzia di evidenti riferimenti al pianismo impressionista di inizio novecento, mostra contrappunto bach-iano e spigolosità alla Monk, ma anche atonalità, strutture minimali e riferimenti al free di Cecil Taylor, il tutto condito con un alone di mistero e profondità che alla fine seduce.
Discografia consigliata:

-Conversation with the elders, Atlantic 1996 (a nome di James Carter)
-Junk Magic, Thirsty Ear R., 2004
-Floating Island,ILK music, 2008 (con Lotte Anker e Gerard Clever)

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.