Trio Lost Frequency: Found Frequency

0
424
foto giancarlo nicolai
Esser chiamati a sostenere il ruolo di “mine vaganti” di solito ingenera il pensiero di un’artista girovago che a volte si ripresenta con un lavoro frammentario; in realtà si dovrebbe reclamare lo stesso come un complimento, specie quando la mente lancia un messaggio nuovo, che può far scaturire un fattore sorpresa del tutto compiacente e soprattutto essenziale alla vera arte.
Di chiare origini italiane (abruzzesi in particolare), il chitarrista Giancarlo Nicolai ha interpretato a suo modo il mito dell’opalescenza; Nicolai fu uno dei primi musicisti a registrare nell’etichetta di Leo Feigin nei lontani anni ottanta quando imperversava ancora l’ombra del Long Playing e nessun musicista dell’ovest europeo era entrato a far parte dell’entourage musicale della label di Feigin; Nicolai organizzò un trio jazz con una sezione ritmica invidiabile formata da Thomas Durst al cb e Ueli Muller alla bt e fece un bellissimo disco chiedendo assistenza al compianto John Tchicai di cui poteva condividere alcune idee e sopratutto l’affiatamento artistico; Tchicai rilasciò in quell’occasione una delle sue migliori impronte, proiettato già verso un free jazz avanzato. Quel Lp, intitolato “The Giancarlo Nicolai Trio”, rappresentò uno status quo del musicista, che si impegnava in una veste jazzistica moderna (per quei tempi) combinando le capacità solistiche che un chitarrista potesse avere, sballottato tra l’edonismo classico e l’improvvisazione più sincera; presso Feigin, Nicolai si guadagnò una rapida considerazione nel settore, utile per far emergere progettualità che erano comunque distanti dal jazz tradizionalmente inteso. Interessato alla composizione tirò fuori un album in solo alla chitarra (il sepolto nella memoria “Vis Music/Ecco l’Ecco L’Ecco Detto”), poi una triade di composizioni in cui ad un quintetto jazz abbinava 25 chitarre (elettriche ed acustiche), il Gitarrenorchester, nonché due composizioni in cui accanto alle chitarre facevano da alter ego una sezione nutrita di clarinetti di ogni genere (Giancarlo Nicolai played by Berner Klarinetten ensemble). Nel 1992, Nicolai portò avanti anche un progetto più intimo di compro-improv assieme ad un’altra illustre sconosciuta del vibrafono, Regula Neuhaus, con splendidi incroci di stile e di umori (quello di Nicolai si snodava su un incredibile asse Segovia-D. Bailey-J. Pass).
Poi un lungo silenzio sembrò far perdere le tracce dell’artista: quando Nicolai tornò a vita nuova nel 2003 comparsero anche nuovi collaboratori, nuove idee e nuove labels: tenendo sempre stretta come base logistica la sua Svizzera, Nicolai superò quel periodo in cui la sua fama di egregio chitarrista ed insegnante moderno stava prendendo piede sulla concretezza della sua vita artistica. La sorvegliante del tempo è il primo episodio in cui il chitarrista fornisce un’idea di musica chitarristica senza barriere, ed è preparatorio all’immersione dell’artista nel campo della free improvisation. Nutrendo una passione riverente per la chitarra laudes, una tipologia di strumento che ben si adattava ad una nuova filosofia delle modalità di approccio fisico dello strumento, Nicolai completa una trasformazione che lo vede remare sempre più controcorrente, abbracciando quella musica ritenuta d’elite, che non piace agli altri: con un trio composto da Benjamin Brodbeck (che ruota attorno ad un personale set di percussioni Imperial) e Mina Fred (con una viola artigianale e alla voce sparuta), Nicolai ha elaborato un suono da officina dell’improvvisazione, lavorando oltre che sulla laudes anche su oggetti disparati disposti di fronte a lui su un tavolino e pronti per la sperimentazione.
La creatura che è venuta fuori, il Trio Lost Frequency (a volte quartetto con la partecipazione del violoncellista Alfred Zimmerlin*) diventa un atipico contenitore di suoni profuso da musicisti provenienti da fedi musicali diverse, dove ognuno si lascia andare alla sperimentazione dei suoni ricavabili da strumenti ed oggetti in piena anarchia musicale: le corde tirano via linee, talvolta marcate altre volte irrimediabilmente spezzate, mentre in mancanza di un supporto visivo si fa realmente fatica a capire che razza di modalità percussive vengano usate. Questa esperienza già rodata da un pò in concerti ed esibizioni selezionatissime, trova la sua ufficiale registrazione in Found Frequency, cd frutto di una registrazione in studio che segna il ritorno di Nicolai alla Leo R.: l’edizione riveduta e corretta di Nicolai è uno shock se rapportata agli esordi del chitarrista, si tratta di libera improvvisazione fatta in “casa”, in cui si cercano spazi comuni, interazioni, in definitiva sogni improbabili; in Found Frequency basta concentrarsi sulle due suites che occupano la parte centrale del cd, per rendersi conto del valore aggiunto che l’improvvisazione libera può raggiungere quando ispirata: in “Nonpareil” i colpi e rimbombi percussivi di fianco a una viola ora strozzata e incapace di librarsi, ora dinamica e nervosa, evocano radici dell’arte e della società passata: potreste essere immersi in una sala settecentesca dove la percussività richiama l’attenzione degli ospiti per la presentazione di una personalità (quasi simulazioni dei colpi di bastone usati nelle corti francesi), mentre le linee della viola, accuratamente modificate, silenziosamente nascondono al loro interno realtà, anche misteriose; un incrocio tra una commedia di Shakespeare e un afflitto Mozart calato nel novecento; in breve arte della “tavola”. I 22 minuti di “Missing” rivelano una progressiva vitalità degli oggetti utilizzati nella performance, il cui connubio acustico porta (a prescindere dalla gradevolezza del loro insieme), a considerare fiabe avantgarde e percorsi avventurosi (ad es. al centro del brano alcune simulazioni si allacciano al movimento di un carretto che potrebbe accompagnare le immagini di una scena vissuta nel risorgimento).
E’ questo il grande pregio di Found Frequency, riottenere la radice dei suoni, la loro natura primordiale, quella sostanza metallica che ha la stessa dignità dei suoni armonici, e che l’uomo ha sperimentato e sperimenta ancora oggi nella sua vita, senza chiedersi quale sia lo scopo.
Nota:
*vedi qui un loro recente concerto nell’antica chiesa di Boswil
Articolo precedenteInvisible Cities Audible: Rinus van Alebeek & Michał Libera Play Alvin Lucier Chambers
Articolo successivoLa musica industriale e la chamber industrial
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.