N.E.E.M. e il teatro musicale della strada

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L’avvento del nuovo free jazz europeo degli anni sessanta fu accompagnato dalla necessità di abbinare lo stile improvvisativo con i “gioielli” di famiglia; sebbene il free olandese avesse basato molte delle sue prerogative sulle intersezioni con il teatro, anche l’Italia in fondo, sia per credenziali storiche di nascita che per il dilagante fermento intorno all’opera lirica, ne possedeva altrettante qualità; nell’area milanese le aggregazioni di musicisti furono da subito convinti che l’identità del nostro jazz si dovesse basare sulle prodezze del canto e della melodia e in questo senso, non mancarono certo gli episodi a supporto; ma in quegli stessi anni (fine sessanta/inizio settanta), soprattutto per merito di un circolo di musicisti fiorentini, nacque un calderone sub-culturale ancora più provocante e dissacratorio che permetteva di spaziare in maniera pressoché totale sullo stato dell’arte italiana: questi musicisti venivano invitati a sostenere le manifestazioni antinucleari o gli scioperi di una riconosciuta rinomanza sociale e suonavano in maniera estemporanea su dei grossi camions colmi di strumentazione sostenendo i propri istinti musicali e di pensiero; non passò molto tempo che i fiorentini sentissero l’esigenza di immortalare le loro performance in un disco e per l’occasione chiesero proprio la collaborazione ad alcuni musicisti milanesi. Il N.E.E.M. (che sta per Nuove Esperienze Eretico Musicali) pubblicò per la Materiali Sonori il n. 13 del suo catalogo long-playings intitolandolo “Come eravamo brutti da piccini“, connotandosi anche come Tea Trazz (che stava come contrazione di teatro jazz): in barba a qualsiasi definizione o etichettatura musicale, il gruppo si presentava acido, dissacratorio (qualcuno parlò anche di teatro del cazz), e votato alla globalizzazione artistica di vario genere; nei loro spettacoli non c’erano solo improvvisatori schizzati o avanguardisti da “strapazzo”, ma la collaborazione spesso si estendeva ad attori, ballerini, nonché uomini o donne comuni assolutamente senza funzioni, che partecipavano a questo show figlio dell’ironia dei tempi.
Data la provenienza jazz dei suoi musicisti, il N.E.E.M. musicalmente presentava una struttura adeguata al genere, ma senza nessun legame di sorta: free jazz ed organizzazione da concerto bandistico paesano masticavano qualsiasi cosa per destrutturarla: poteva essere una melodia, una poesia, un proclama; alcune esperienze inglesi (quelle di Coxhill ad esempio) erano probabilmente state d’aiuto nell’elaborare un progetto che abbracciava anche interessi locali. Nel 1983 nacque una nuova versione del N.E.E.M., quella del Tea Trinz (che potrebbe essere vista come contrazione di teatrino jazz), che non avendo modo di creare scompiglio nei grandi spazi cominciò a crearli negli spazi ridotti dei cortili, dei locali privati (osterie) e al massimo in manifestazioni carnevalesche. Milano fu infestata da questa ondata spazza perbenismo con spettacoli che vennero anche registrati a Milano e Cividate al Piano: è su queste esibizioni che viene costruito l’antologico “Neem Teatrinz” pubblicato dalla Setola di Maiale, che si appresta a diventare una storica testimonianza discografica italiana di quel particolare movimento musicale, dal momento che “Come eravamo brutti da piccini” non è mai stato ristampato (e forse non lo sarà mai).
In queste operazioni molti penseranno di perdere il proprio tempo: ma è un falso approccio! Una buona guida all’ascolto dovrebbe mettere in evidenza come questo “piccolo” documento sonoro rappresentasse molta della specificità del pensiero della nostra musica alternativa e in alcuni casi pur in presenza di una non sempre eccellente navigazione profusa dalla registrazione, viene mostrato al buon orecchio comunque un buon numero di leccornie; con una differenziazione evidente dovuta all’ambiente della perfomance, il complesso fiati attira la prestazione da cortile mostrando l’eccitazione del binomio tra l’ideatore Francesco Donnini (cornetta, trombone e piano) e Andrea Picchietti (trombone e recitazione), mentre gli ambienti meno estemporanei regalano gli assoli in stile blues stralunato del basso di Del Piano, le invenzioni al sax e le recitazioni gastronomiche di Edoardo Ricci, i serissimi passaggi al baritono di Massimo Falascone e le strutture chitarristiche (invero tra le più tranquille mai sentite) di Eugenio Sanna.
E’ un viaggio in una baraccopoli dove si trovano residui dei Turtles, Zappa, Bing Crosby, del foklore italiano, delle band delle feste patronali e della poesia stradaiola e chiassosa. Quella dei N.E.E.M. fu un’operazione da laboratorio tesa ad un allargamento delle visuali improvvisative e allo sviluppo del teatro da strada ed è veramente sconfortante pensare alle distanze che ci separano da altri paesi in termini di finanziamento a queste forme artistiche. Vi anticipo che avrete qualche problema a sistemare la scaletta dei brani: anche lì c’è un precipuo divertimento nel confondere le cose.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.