Ry Cooder

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Ry Cooder performing with Ricky Skaggs and Sharon White, McGlohon Theater, Charlotte, NC, August 19, 2015 Source Own work Author Steve Proctor Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Nel 1970 uno stupefacente musicista di Los Angeles pubblicava il suo primo album omonimo: quel disco che era un incredibile vetrina di tutti i generi americani (rock’n’roll, blues, raggae, tex-mex, hawaian songs, country, folk, soul, R&b, gospel, jazz periodo dixieland) apriva ufficialmente al mondo musicale la porta dell’America più concreta, quella fatta dagli uomini normali, quella delle storie genuine della gente dal nordamerica fino al Messico. Quel musicista era Ry Cooder, fino ad allora conosciuto per alcuni assoli di chitarra slide (di cui era uno dei più validi precursori insieme a Duane Allman) nei dischi di Captain Beefhart e Taj Mahal. Il primo periodo musicale corrispondente (1970-1982) risalterà le qualità compositive e chitarristiche di Cooder che riesce ad essere uno splendido rifagocitatore di pezzi-canzoni di antiquariato della sua nazione con un garbo, una grazia ed una perizia strumentale che lo rendono immediatamente riconoscibile: in sostanza, diventerà subito un gigante del rock. (difficile scegliere una raccolta prevalente). Cooder, con una serie di valenti registrazioni imperneate sulla riscoperta del patrimonio culturale musicale americano, incarnerà la figura dello studioso/scopritore che attentamente ricostruisce in chiave moderna l’anima musicale di un mondo di uomini (e di musicisti) in grado di imporsi nella storia per la loro semplicità e saggezza.
Con “Bop til you drop” il tiro si sposta con maggior sostanza sul R&B ed la soul music, e grazie all’avvento delle registrazioni digitali permette a Cooder di mettere in evidenza la sua slide come mai aveva fatto prima (ormai storica è la prima facciata di questo disco che non a torto viene considerata come una delle più belle della storiografia rock). Insisterà ancora con “Borderline” (con la presenza di Hiatt) e con “Slide Area”, episodi validi ma nettamente inferiori nell’insieme rispetto a “Bop till you drop”.
Parallelamente, Cooder si appassiona alle vicende di confine con il Messico e compone una serie di colonne sonore sul tema: “The long riders”, “Borders”, “Paris Texas” sono qualcosa di più che semplici visualizzazioni sonore: utilizzando strumenti canti e strumenti originali di quella zona, riesce (forse per la prima volta nella storia del rock) a far godere gli ascoltatori indipendentemente dalla fruizione cinematografica; questa intensa attività dai risvolti “filmografici” lo impegnerà per tutto il decennio degli ottanta, deludendo gli appassionati più legati alla presenza rock dell’artista.
Nei novanta l’attività di scopritore e cosmopolita musicale si fa più pressante: il suo artigianato rock cede il passo alle collaborazioni rivelatrici: con “Meeting by the river” porta alla ribalta i suoni dell’est indiano duettando con Wishwa Mohan Bhatt, va in Africa e dà popolarità ad uno dei più dotati musicisti africani, Ali Farka Toure per il notevole “Talking Timbuktu”, compie la straordinaria operazione cubana con il gruppo dei vecchietti del Buena Vista Social Club, racconta le storie sudamericane assieme a Manuel Galban in “Mambo sinuendo”, ritorna nel centro-america, tra Messico e Cuba per narrare le vicende della comunità di “Chavez Ravine” (con un cast stellare di musicisti). E in tutti questi episodi è sempre presente la sua mano, il suo stile che educatamente si insinua rispettando l’etnicità delle proposte.
Gli ultimi episodi discografici lo vedono ritornare al rock delle origini, sebbene sia “My name is buddy” che “I, Flathead” sono versioni “leggere” della produzione discografica dei settanta. “Pull up some dust and sit down” riguadagna lo spirito di quelle registrazioni, con una diminuzione del fattore folk (story-teller) ed un aumento dell’aspetto soul/blues (stavolta da crooner da denuncia) delle composizioni, ma ha un difetto vagante, quello di proporre clichè troppo scontati (il blues di John Lee Hooker, la vocalità di Tom Waits, la frivola song tropicale), che alla fine ne riducono il valore intrinseco.
Discografia consigliata:
Solista:
-Ry Cooder, Reprise, 1970
-Into the purple valley, Reprise 1971
-Boomer’s story, Reprise 1972
-Paradise and lunch, Reprise 1974
-Chicken Skin Music, Reprise 1976
-Bop till you drop, Warner 1979
Colonne sonore:
-Long Riders, Warner 1980
-Borders, Warner 1984
-Paris Texas, Warner 1985
Progetti Etnici:
-Meeting by the river, Water Lily 1993
-Talking Timbuktu, Hannibal, 1994
-Buena Vista social Club, Wordl Circuit, 1997
-Mambo sinuendo, Nonesuch 2003
-Chavez Ravine, Nonesuch 2005
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.