Ivo Perelman: parte IV, l’espressionismo astratto e Clarice Lispector

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Arquivo Nacional do Brasil Clarice Lispector, public domain

 

 

Se è vero che non si accende un fuoco senza una scintilla, l’avvento ufficiale nell’arte pittorica di Ivo Perelman può considerarsi l’atto compiuto di una passione probabilmente già insita nell’artista. L’aderenza allo stile dell’astratto espressionismo, lo stile con cui Pollock inaugurò la fase dell’arte non figurativa, non era una novità per il mondo della musica, poichè nella musica colta il movimento newyorchese di Cage, Brown, Wolff e Feldman ne aveva già sposato le tematiche; in particolare Feldman si era chiaramente ispirato per la sua metodologia di pensiero musicale ai campi di colore di Rotko, che era una particolare specializzazione dell’espressionismo astratto. Ma nel jazz, forse per le maggiori difficoltà di accostamento, l’evoluzione massima era quella di mettere in relazione l’improvvisazione con la libertà di espressione dei dipinti (per Coltrane o Ayler si parlava di speciali forme di espressionismo musicale, ma il discorso può estendersi per tutta la scuola jazz creativa di Chicago); nessuno aveva avuto il coraggio di porre la musica “dentro” un quadro. La circostanza di usare una stessa metodologia d’uso delle arti fa di Perelman un musicista unico, poichè fa parte di uno dei quei tentativi “straordinariamente” difficili di mettere in relazione diretta quello che proviene da due sensi diversi dell’uomo, la percezione dei suoni e la configurazione di immagini; ne deriva che trattasi di una simbiosi quasi scientifica*. Ivo, dal punto di vista pittorico, sviluppa uno stile personale, che si nutre di una essenzialità diversa da quella di Pollock o Kline, un’estetica libera con minore densità e geometria e con un evidente senso di eleganza e raffinatezza nell’uso del bianco e nero (un tema ricorrente sono quei filamenti ora semplici ora complessi (quasi un dna umano) che compongono il dipinto); invece sul colore sembra più vicino ai campi di colore di Helen Frankenthaler (a cui dedicherà anche una lunga suite) ma con un accentuazione dei toni. Quello che emerge dalla commistione delle due arti è che il fragore del sax, in tutte le sue varianti di tono, è la voce dell’uomo in tempo reale, del suo disagio umano e delle sue pause riflessive, che in alcuni momenti significa abbandono introspettivo, in altri ricerca spasmodica di spiritualità ed energia positiva; rispetto al passato Ivo incrementa le fasi “estatiche” dell’esplorazione, zone care a molti musicisti del free jazz d’avanguardia degli anni settanta. “The eye listens“, primo disco nel 1999 per la Boxholder R. in cui compare in copertina un suo dipinto, è una sorta di naturale continuazione delle idee musicali intraprese fino a quel momento, un lavoro che impegna mente e spirito, così come “Suite for Helen F.” è serratissimo nel tentativo di rappresentare l’ideale connubio fra le due forme d’arte (quella musicale e quella pittorica) tanto da scatenare in alcuni critici il concetto di esplorazione della psiche. “Introspection” ha un profilo di altissimo livello, un connubio tra il vecchio free jazz d’avanguardia di Jenkins e la Revolutionary Ensemble e le istanze di spiritualità di autori contemporanei come Scelsi post-conversione.
Il rapporto di Perelman con Dominic Duval subirà in quegli anni una nuova fisionomia, che è piuttosto discordante con la usuale forza espressa da Perelman: con il fido contrabbassista Perelman sviluppa percorsi alternativi caratterizzati da un’ammorbidimento delle dinamiche e da una maggiore apertura melodica, che stabilisce un equilibrio definitivo nel suo free jazz acquistando una raffinatezza direi visibile e rappresentabile nelle soluzioni “eleganti” dei suoi dipinti astratti: dai due ottimi albums con la Cadence R., “Soul Calling” (coreografia “contemporanea” per balletto), e “New Beginnings” (tre lunghi brani dal vivo con celebrazione implicita dei riferimenti formativi dei due musicisti), a “Mind Games“, con l’aggiunta del batterista B. Wilson (album di mediazione tra l’impronta forte e quella riflessiva del jazzista brasiliano), ai due con la Not Two Records “Nowhere to hide” e “Near to the wild heart” (quest’ultimo con l’aggiunta di Rosie Hertlein al violino). “Near to the wild heart” rappresenta anche una svolta nella scelta degli argomenti poichè Perelman inizia a dedicare tutti i suoi lavori alla scrittrice brasiliana Clarice Lispector di cui ne è evidententemente affascinato per le sue caratteristiche di donna affamata di libertà e di felicità spirituale; la Lispector, che per molti versi viene considerata un Kafka sudamericano, è una miccia per i nuovi stimoli di Ivo, che sperimenta in musica con diversi soggetti strumentali la profondità, l’humor in negativo e l’angoscia delle novelle dell’affascinante scrittrice (morta nel 1977) esistenzialista, divenuta oggi quasi una leggenda letteraria. Con “Apple in the dark“, “The stream of life” e “The hour of the star” Perelman acquista una sensibilità novellistica che potrebbe essere sfondo per i racconti della Lispector, conducendo l’ascoltatore in una dimensione illusiva che ha molto a che vedere con le rielaborazioni cinematiche del be-bop d’annata (Monk, Gordon, etc.) ma lontanissimo da qualsiasi banalità compromissoria.
Sebbene mi sia controverso individuare quale sia il lato più interessante del Perelman aggiornato ad oggi (quello delle magnifiche manifestazione di forza espressiva del passato o quello “scultoreo” e un pò mainstream dell’ultimo periodo), rimane il fatto che il sassofonista dimostra di possedere ancora una diffusa progettualità che tende ad un constante miglioramento delle forme e soprattutto fa sfoggio di una coerenza artistica che non è circostanza sempre riscontrabile nel jazz e nella musica in generale; ne è prova il notevole trio organizzato in “Soulstorm” (con Daniel Levin al violoncello e Torbjorn Zetterberg al contrabbasso) che esibisce in copertina anche uno dei suoi bei dipinti.
Discografia consigliata:
-Ivo, K2B2 R, 1989
-The Children of Ibeji, Enja 1992
-Man of the forest, Gm 1994
-Tapeba Songs, Ibeji 1996
-Bendito of Santa Cruz, Cadence Jazz 1996
-Seeds, visions and counterpoint, Leo 1996
-Sound Hierarchy, Music and Arts, 1996
-The Alexander Suite, Leo 1998
-Sieiro, Leo 1999
-Eye listens, Boxholder 1999
-Suite for Helen F., Boxholder 2003
-Introspection, Leo 2006
-Soul calling, Cadence 2006
-Nowhere to hide, Not two records, 2008
-Mind Games, Leo 2009
-The apple in the dark, Leo 2010
-Soulstorm, Clean Feed 2010
-The hour of the star, Leo 2011
*….”nei miei quadri sono alla ricerca di un vocabolario universale del gesto, dinamicamente congelato sulla tela. Colore e musica sono i miei alleati più apprezzati in questa ricerca poiché le loro pure vibranti qualità hanno il potere di creare la quiete e il movimento allo stesso tempo. Suono e luce sono, dopo tutto, solo una diversa manifestazione di energia. Il nostro sistema nervoso, li percepisce come diversi, ma oltre a questo in alcune regioni nascoste del cervello si percepiscono come onde di energia con ampiezze diverseCome creativamente manipolare queste energie internamente è quello che più mi interessa. Il risultato è di solito di natura simbiotica e riflette il modo in cui si influenzano a vicenda. Esse sono in costante comunicazione tra loro valorizzandosi, sensibilizzando e creando percorsi neurali che altrimenti sarebbero inattivi o inesistenti”…. dalle note interne di “Soul Calling”
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.