Elizabeth Hoffman: Intérieurs Harmoniques

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Mentre da una parte la “computer music” sembra volersi aprire nei suoi sviluppi più concreti all’interazione con il pubblico fino a svilire la funzione del compositore e costruirne una collettiva non si sa con quali risultati, dall’altra continua a favorire quella buona dose di compositori “convenzionali” che sfruttano algoritmi e software applicativi allo scopo esclusivo di creare situazioni sonore disponibili ed accettabili sia come prodotti artistici che come prodotti per l’ascolto. Una delle compositrici più vicine a questo concetto è la newyorchese Elizabeth Hoffman: il caso della Hoffman è emblematico di come le tecniche elettroacustiche vadano sfruttate per arrivare ad una formula efficace di suoni che possa elevarsi dalla marea di combinazioni di suoni che da decenni imperversa nella ricerca elettronica. Dopo un cd per la Albany Records “Modus Nodus – Chamber Music 2002-03″ che la ritraeva in composizioni da camera con modelli forse troppo riferibili al passato (Varese, Carter, Xenakis), la Hoffman pubblica “Intérieurs Harmoniques“, un cd di sue composizioni totalmente assemblato al computer per l’etichetta canadese della empreintes DIGITALes, specializzata nel ramo dell’elettroacustica e in cui partecipano molti compositori di rango del settore (purtroppo specie in questo settore musicale, il materiale registrato è sempre piuttosto limitato rispetto a quello composto). In “Modus Nodus” spiccava l’ottima simulazione sonora di “Barissement d’elephant“, una composizione per più strumenti con plurime tecniche estensive specie ai sassofoni, che potrebbe essere un buon viatico per entrare nel mondo di “Intérieurs Harmoniques“: nei fatti si propone la forza d’impatto dei suoni e la preoccupazione della professoressa di New York nel cercare di costruire disegni armonici traendoli dal mondo sonoro dell’apparente inarmonico. “…..To some extent, all of the works on this disc are obsessed with harmonic design and with an often unnatural sonic resonance. There is an intended tactility to all of the pieces, and so sounds seem more palpably to be moving through space than through time. Throughout, sources are alluded to via connotative strangenesses in their virtual images…..”. Le ricostruzioni al computer attraverso tecniche digitali fanno di tutto per dare ai suoni una loro identità che sia quanto più naturale e vicina alla fonte che l’ha prodotta: che siano percussioni squillanti, rigurgiti di acqua o cinguettio degli uccelli, quello che è importante è che la loro combinazione/manipolazione produca una sovraesposizione sonora in cui dare un senso estetico al lavoro del compositore: non si tratta di prendere in considerazione solo risapute risonanze o soluzioni “concrete”, quanto di collocarle in una dimensione reale e diversa dell’ascolto in cui deve rimanere vivo il fascino sonoro della creazione musicale e contemporaneamente deve essere lanciato il messaggio umano implicito nella realizzazione anche se ottenuto con fonti sonore modificate. L’alea mistica che si respira in “Allamuchy” e “Soundendipity” è un bel rebus per chi si è stancato di trarre giovamento da ascolti siffatti della musica elettroacustica, ma è anche l’unico modo concettualmente più avanzato per restare avvinghiato a questo misterioso ed ampio spazio moderno della musica dove le credenziali di arrivo sono quelle immacolate dell’equilibrio psico-sonico.  
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.