John Corigliano: Conjurer/Vocalise

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CORIGLIANO, J.: Conjurer / Vocalise (Glennie, Plitmann, Albany Symphony, Miller)

….in “Conjurer” we feel alternately mysterious marimbas (the movement Wood), insightful bells, resonating gongs and telepathic drums (the movements Cadence), vibraphones that swallow the time (the movement of metal), compelling mix of membranes and talking drums (the movement skin) and a discrete orchestra that dispenses adventures and mysteries, with stretches innervated by sudden crescendo of intensity…..”

“…..”Vocalise” is remarkable in seeking emotional climax, as it is based on a functionally conception of the singing voice in which the amplification and the electronic manipulation seek paradoxical feelings; the goal is to achieve further extensions of soprano that are caused by loops or effects of microphone; these elements, in their turn, are integrated in the orchestra….”

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Il nome di Corigliano è legato in più episodi alla musica classica degli ultimi trent’anni circa: egli può essere ben ricordato come autore di due capolavori del concerto, quello per violino e quello per clarinetto, che sono già entrati nel repertorio di molti musicisti e orchestre, nonchè per quel lavoro di continuazione tutto filo-americano svolto nella coralità e per un paio di potenti orchestrazioni per films. Nonostante la sua figura è chiaramente controversa in Europa per via della strada stilistica intrapresa (molto distante dalla sperimentazione del vecchio continente) Corigliano è uno di quei compositori che ha cercato di superare le barriere imposte da certi accademismi creati dalla musica contemporanea, mettendoli a disposizione del processo di composizione in ciò che era riconosciuto e congeniale: egli fa parte di quei compositori che si riconosce solo nei risultati, che adatta la scrittura a quello che può suscitare emotività continuando a pensare che il virtuosismo non sia una molecola da abbattere o da ridimensionare; e non c’è dubbio che questo pensiero, che è abbastanza diffuso negli ambienti accademici americani, non possa avere le sue motivazioni nel ripristinare una severa selezione di idee e talenti che ha costruito molta storia musicale del passato.

La Naxos ha appena pubblicato in premiére mondiale due opere significative del compositore: “Vocalise” è uno dei suoi primi pezzi per voce soprano (Hila Plittman), electronics ed orchestra e “Conjurer“, il suo concerto per percussioni. Il primo fu uno dei cinque brani presentati da vari compositori nel 1999 come esorcizzante risposta ad uno dei pressanti problemi sollevati dal direttore Kurt Masur, ossia quello del valore attuale del concerto, che agli inizi di un nuovo secolo si trova in una situazione non dissimile da quello del primo novecento in termini dimensionali; ed è interessante notare come Corigliano, tramite “Vocalise“, diede una risposta efficiente sottolineando la svista che molti compositori avevano preso nel non considerare le evoluzioni dell’elettronica e dell’amplificazione (un mondo peraltro a lui noto perchè intrapreso nel settore cinematografico): “Vocalise“, che vuole rappresentare un restringimento d’analisi alle modifiche sul canto, è proprio l’espressione del suo pensiero, notevole nel cercare climax emotivi, poichè imperneato su una vocalità che fa dell’amplificazione e delle manipolazioni dell’elettronica una delle sue concezioni necessarie, cercando di cogliere sensazioni paradossali attraverso estensioni del canto soprano provocate da loops o effetti di microfono, che a loro volta si integrano con l’orchestra; è una linea di tendenza che accoglie sul palco esperti di produzione di effetti elettronici, tecnici di una spettralità meccanica alla stregua di altri casi dove abbiamo visto persino dei disk jockeys integrati in orchestre, tendenza nella quale non si può nascondere la considerazione che Corigliano abbia comunque volutamente lasciato lontano quell’impostazione che segue le mode popolari, per trarre elementi da un percorso di ricerca tutt’altro che povero di contenuti affascinanti.
Con “Conjurer” Corigliano rimette in primo piano le percussioni preoccupandosi di dare a loro un’adeguata presenza sonora che, dato il timbro delle stesse, potrebbe essere un fattore di mancata presa per l’ascoltatore dinanzi ad una potenziale trama orchestrale che gli ruba il respiro: forgiato in più movimenti in cui si alternano marimbe misteriose (il movimento Wood), campane perspicaci, gongs risonanti e tamburi telepatici (i movimenti Cadenza), vibrafoni che inghiottono il tempo (il movimento metal), imperiosi mix di membrane e talking drums (il movimento skin) in esso l’orchestra è fondamentalmente discreta, avventurosa o misteriosa e a tratti innervata da crescendo improvvisi di intensità. Nelle mani di Evelyn Glennie “Conjurer” suona come una notte vissuta con gli stregoni, quelli che si prefigurano nell’amuleto del Benin, la tanto contestata maschera di bronzo appartenente alla collezione di Corigliano, riportata nella copertina del cd.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.