I quartetti della “saturazione”: le “Shadows” del Quatour Tana

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Jean-Luc LEOPOLDI — Travail personnel, CC BY-SA 4.0, no change was made
E’ un passo importante quello che il Quatuor Tana ha affrontato registrando la miglior produzione della saturazione musicale contemporanea francese agli archi: Antoine Maisonhaute (viol.), Ivan Lebrun (viol.), Maxime Desert (alto), Jeanne Maisonhaute (violonc.) effettuano un salto nelle province estreme della musica dedicandosi ai suoi nuovi sviluppi, quelli che hanno tipicamente fissato un ulteriore standard nell’esecuzione dei brani. Riguardo al fenomeno della “saturazione” è opportuno sottolineare come l’esecuzione relativa ad esso abbia differenti canoni di difficoltà, non riscontrabili solo in un rapporto stretto tra tecniche estensive, gestualità e ritorno del suono: più che una risoluta destrezza nel raggiungere inarrivabili dettagli della partitura, è necessario saper far ringhiare il proprio strumento, provocare un effetto energetico spingendo sull’acceleratore di alcune tecniche non convenzionali. Per questo è cosa diversa sia da un quartetto di Ferneyhough che da quello di un Manoury.
Pubblicato sotto Paraty (gruppo Harmonia Mundi) “Shadows” raccoglie il Tracés d’ombres di Franck Bedrossian, In Vivo e il secondo quartetto per archi di Raphael Cendo e il Crescent scratches di Yann Robin, in un arco di tempo che va dal 2007 al 2013 e lo fa nel migliore dei modi: pur essendo tutte le composizioni basate sullo stesso principio, il Tana fa emergere le diversità delle espressioni dei loro autori; se Bedrossian trasferisce empaticamente quel potenziale “mostruoso” dell’eccesso sonoro a cui ha dato anche un significativo valore estetico, Cendo esalta la scrittura in modo da impostare una subdola retata di suoni da caverna di pipistrelli in movimento; mentre lo stile di Robin è di una potenza sonora inaudita, qualcosa che può simulare macchine da corsa roboanti in una pista. Le operazioni poste sugli archi sono probabilmente uno dei posti migliori per valutare l’impatto saturazionale ed aprono fervide immagini relazionali, potenti volani di comunicazione: frutto di intuizioni che hanno approfondito alcuni aspetti della ricerca effettuata da Lachenmann, Manoury e Romitelli, i tre compositori della saturazione qui citati hanno oramai acquisito un posto nuovo nella musica contemporanea come enfants terribles della corrente spettralista. Se questa derivazione, frutto di un commento del loro maestro Manoury, è suscettibile di approfondimento, poiché nella disciplina della saturazione il contributo dello spettro è più contenuto e più forte invece è il ricorso agli effetti acustici, è anche vero che pur di terribile sostanza creativa si tratta. E’ un modo per verificare cosa succede ai limiti dell’eccesso del suono, quando è più facile perdere il controllo di esso, allo stesso modo con cui ci si perde nelle derivazioni di una chitarra rock distorta o di un’orchestra lasciata in pieno caos evolutivo. Gli argomenti di Bedrossian, Robin e Cendo hanno pescato in quel sentiment orizzontale sparso negli ingranaggi dei quartetti contemporanei, qualcosa che parte dagli insegnamenti degli spettralisti e di Manoury, ma che poi annulla di fatto qualsiasi spazio per la colorazione. Anzi, ne hanno creato uno solo di colore, pittoricamente inqualificabile, compatto e denso, a cui hanno agganciato il rinnovo estetico della musica e la condivisione emotiva di qualsiasi genere musicale a loro affine.
A proposito di questo nuovo linguaggio, che allo stato attuale si presenta per alcuni autori come una forzatura, una vera e propria imposizione comunicativa basata su una forte impronta fornita dalla personalità del compositore, mi sembra molto pertinente quanto detto dal compositore e musicologo Castanet, che ne individua invece un senso rinfrancante, molto lontano dalla retorica dell’oggi musicale: “….Au coeur de l’échange aveugle (du marché de la surdité), on prie en secret pour que l’art musical puisse encore jouir du potential du choc, de la surprise, de l’éphémère, de l’ineffable, de l’instable, de l’hypothétique prise de risque sans cesse menée sur ce fil d’Ariane qui s’affranchit de tout e qui ne devrait rien pardonner….au meme titre que la prise de parole du rap ou que le graph du hip hop désormais légendaires, la musique, et surtout celle d’expression “contemporaine”, devrait ainsi exister, respirer, douter, oser, surprendre, revendiquer, choquer, questionner, déchirer, s’exterioriser …et non ronronner, se normaliser, se confondre avec la muzak de bas étage…..”
Pierre Albert Castanet in Regards sur la premiere décennie du XXI° siécle, in Composer au XXI° siécle, Sophie Stévance, Vrin 2010.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.