Analisi comparativa della musica di Bill Evans e Michel Petrucciani

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Bill Evans - "Waltz For Debby" (from the homonimous 1961 album) - Bridge of the 1st chorus (mm.33-36). Source Made with Musescore 2.0 (test version). I transcribed it myself. Date 2012-08-12 Author Fauban - Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 License.
E’ arduo parlare di questi musicisti non perché io non sia convinto di ciò che dico ma perché sono convinto che le disapprovazioni saranno tante.
L’armonia di B. Evans è fondamentalmente tonale, non mancano brani ove il musicista è andato fuori dal tonale sconfinando nella armonia modale ed anche in quella intervallare. Sono presenti numerosissime alterazioni e sostituzioni degli accordi di dominante primaria e secondaria, gli accordi minor sono quasi sempre arricchiti da altre note della scala di riferimento tipo 6^, 9^, anche gli accordi major sono spesso arricchiti da 6^ e 9^. In Evans sono presenti modulazioni che comunque non sono mai molto abbondanti e soprattutto non sono strutturali come invece succede in Petrucciani.
L’armonia di Petrucciani è fondamentalmente tonale, anche in questo caso non mancano brani modali, a me non è capitato di ascoltare brani con armonia intervallare. Le alterazioni e sostituzioni delle dominanti in Petrucciani sono presenti ma non in grande quantità sono invece spesso presenti gli accordi di dominante eseguiti nella maniera tradizionale e cioè tonica, terza, quinta e settima, gli accordi minor e major contengono non frequentemente la 6^ e la 9^, ma più frequentemente la 7+. Sono invece molto più frequenti rispetto a Evans le modulazioni, ciò mantiene attento il pubblico e costituisce anche un elemento di non trascurabile difficoltà per l’esecutore. Petrucciani adopera molto il Latin a differenza di Evans dove è quasi assente.
Nell’insieme credo di poter affermare che l’armonia di Petrucciani è più vivace, forse più attuale di quella di Evans, ma sicuramente E. è più profondo, più meditativo, più intrigante e poi a mio parere il musicista si valuta soprattutto nei soli, Petrucciani lo trovo spesso ripetitivo a volte anche scontato, Evans ha una marcia in più.
La musica di E. è intrisa visceralmente di blues, fondamentalmente trae origine dalla cultura jazzistica americana, egli comunque rompe con la tradizione e questa rottura è dimostrata anche in ambito teorico attraverso le nuove idee di G. Russell, la musica di P. trae invece origine dalla cultura musicale europea nel senso che egli adopera modelli di derivazione europea.
A mio parere la parte più interessante di Petrucciani, non mi riferisco alla sue capacità tecniche o improvvisative che sono fuori discussione, sta nella costruzione melodica e nella sua stretta connessione con la sottostante armonia, se teniamo presente le numerosissime modulazioni possiamo capire quanto sia poi complesso costruirci sopra una melodia valida e semplice.
Ritengo che la parte più interessante di E. siano le frequenti sequenze cromatiche discendenti presenti molto spesso nei suoi brani, di rara bellezza.
Ritengo che per un pianista (con solidi studi classici alle spalle) che voglia dedicarsi al jazz, lo studio di questi musicisti sia una pietra miliare, una conditio sine qua non.
Quindi due musicisti tonali, oggigiorno molta parte del jazz è modale.
Ci siamo evoluti o siamo andati indietro?
                                                                                                
 
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GIUSEPPE PERNA, pianista ed insegnante di Armonia Tonale e Modale, è un musicista che propone un modello di improvvisazione totale, che combina il classicismo e il jazz modale d‘avanguardia. La poetica musicale e melodica di Giuseppe Perna è per sua definizione “un tentativo di immersione in sé stessi, per essere in grado di toccare la bellezza” . Nell’arte di G.P. si coglie anche il suo scetticismo sulla società contemporanea, è la musica del fermarsi in tempo, materializzazione nel suono di un vuoto sorprendente, dove l’azione ritmica e melodica spesso è rallentata volutamente per indurre alla riflessione. L’improvvisazione modale libera dal prevedibile e spinge verso l’ignoto di una performance dove l’orchestrazione tipica proposta dalla modernità ufficiale si indebolisce per l’oscuramento dell’ elemento musicale di gravitazione tonale.