I miei pensieri su alcune delle novità discografiche della Setola di Maiale.
ImprovvisoFantasia – Nuvola di Metallo
Quando nel 1997 Giancarlo Schiaffini registrò i pezzi di L’Anello Mancante, un solo trombone ed elettronica, si riportò alle sensazioni oscure e fenomenologiche delle xilografie di Marina Bindella. Schiaffini mise in atto un piano selettivo, suoni densi ed eccentrici che riflettevano i problemi del mondo di quegli anni, specchio di un’astrazione recuperabile nelle visuali di Bindella, che dell’oscurità e del suo irraggiamento ne faceva memoria di qualità esistenziale. Di queste scelte di base sembra essere fornito anche Nuvola di Metallo dell’ensemble ImprovvisoFantasia, 8 pezzi documento di un concerto del maggio del 2024 all’Università Tor Vergata di Roma che regge uno spazio sonoro prezioso e una convergenza di intenti stilistici. La citazione di Schiaffini non è fuori luogo perché in Nuvola di Metallo viene ripresa Spiaggia con tapiri, uno dei pezzi di L’Anello Mancante, un vero e proprio esercizio di sensibilità improvvisativa che è qualità posseduta da tutti i musicisti dell’ensemble: in un’area musicale votata alla sostanza dell’estetica improvvisativa l’ensemble abbraccia intersezioni teoriche con la musica classica contemporanea e con l’elettronica, facendoci capire che termini come ‘oscuro’, ‘multiforme’, ‘imprevedibile’, ‘fenomenologico’ possono essere trattati con dovizia di particolari senza entrare necessariamente in un vortice di incomprensioni; negli 8 episodi che lo contraddistinguono ci sono intuizioni sottili, sovrapposizioni raffinate, che rientrano nel progetto di un gruppo di musicisti e compositori che concepiscono la libertà improvvisativa e la performance come atti di coerenza, con un background che spesso non può far a meno di coinvolgere elementi del comporre. Qualche esempio? In Elogio del fumo di Giuseppe Giuliano, la partitura è una sorta di disegno a zone colorate con etichette che riprendono alcune tipologie di sigari o tabacco: trattandosi di improvvisazione ‘orientata’ ogni esecutore improvvisa interpretando i colori secondo la sua esperienza o sensibilità; in Spiaggia con tapiri, Schiaffini prevede direzioni, indicazioni di linee in caduta, spazi sovradimensionati o sfuggenti, secondo le coordinate usate da Bindella che, come detto, sembrano adeguarsi perfettamente alla fibra musicale dell’ensemble; in Etymon n.1 di Claudio Ambrosini, il compositore istituisce un leggero condizionamento, un regime di entrata ed uscita dei musicisti basato su un pentagramma che prevede una lunga fila di note in successione (una scala), le quali devono essere affrontate secondo alcune semplici indicazioni (le ripetizioni della scala, le sovrapposizioni, pause, ribattute). I riferimenti a Stockhausen e Braxton non lasciano alcun dubbio che l’improvvisazione sia un concatenamento teorico su come trovare soluzioni specifiche: la free improvisation di gran pregio che omaggia il grande compositore tedesco porta con sé reminiscenze implicite di moment form così come quella che omaggia Braxton fa pensare all’innovazione sulle mappe di movimento, in breve la libertà di fluidificare il discorso musicale in presenza di un congenito istinto di regolare verità e rapporti strumentali.
Duo PsicoGeografico – Iskra
Un altro concatenamento ideologico della libera improvvisazione alla parola viene da Iskra, dimensione ridotta a duo del Quartetto PsicoGeografico, ossia Andrea Bini e Sergio Fedele che approcciano su molti strumenti accendendo ‘sequenze’ diversificate. Come già spiegato in passato, parlare di ‘psicogeografia’ significa irrimediabilmente riferirsi a quella pratica avanguardista che si concentrava sugli spazi urbani e sulle complessità di esse, in sostanza un modo per scoprire difetti e carpire l’identità vera dei luoghi; Bini e Fedele hanno perciò introitato questa visione e aderito implicitamente al disordine e alla complessità che la possiede, in modo da poterla trasferirla nella musica.
Iskra significa in russo ‘scintilla’ e il significato della parola vale come nutrimento musicale: il Duo Psicogeografico va oltre l’inevitabile, subdolo e terminologico riferimento alle Sequenze di Berio, per loro vale il principio della creazione dal nulla, del lasciare andare gli impulsi ed ottenere insolite combinazioni sonore, principali condizioni di svolgimento di una registrazione all’Elfo Studio di Tavernago nel novembre del 2024.
In alcuni abbinamenti è di scena l’ecatorf, lo strumento creato da Sergio Fedele che lavora nell’area delle frequenze che si trovano sostanzialmente sotto l’ultima nota grave del pianoforte anche se il lavoro non è incentrato sulle qualità disponibili di quello strumento; l’idea generale di Iskra è più concentrata nella connotazione di un’espressione musicale, esplicitazione di tonfi e rivoli pianistici, esalazioni di gong e in linea di principio di topografie della creatività che gettano ombre o lavorano su insinuazioni perspicaci, con l’ausilio di variazioni abnormi del registro e di tecniche non convenzionali di clarinetto contrabbasso, ocarina e rombo. Le sovrapposizioni tra i due musicisti riescono perfettamente nel loro intento, dando vita ad un’astrusa rappresentazione che affascina per il suo senso oggettivo, nobiltà di un’estetica sui cui è difficile assistere a declinazioni di appartenenza e mancanza di sorprese.
Ecatorf Trio – Benthos
Un tentativo, invece, di creare un valore aggiunto timbrico arriva da Benthos, dell’Ecatorf Trio, piccola formazione che Sergio Fedele ha messo in piedi con Piero Bittolo Bon e Francesco Bucci. Il benthos è quell’area organica che si trova nei fondali degli ambienti acquatici, con tante specie animali che la popolano e che si differenziano per distribuzione e quantità a seconda della profondità del fondale, delle temperature e dell’ossigeno che si trova a certe profondità, perciò la musica è pensata per una sorta di simulazione introspettiva di questi ambienti, dove ogni strumento ha una sua dinamica e si incontra in omogeneità o contrasto sui registri altrui provocando la sensazione di una comunità acquatica in virtuale movimento; l’ecatorf è l’invenzione strumentale di Sergio che in questo progetto è anche la principale risorsa su cui agire, istituendo un confronto ampio nei dintorni della stessa gamma timbrica [i registri di clarinetto nonché del flauto basso (suonati da Bittolo Bon) e quelli di tuba e trombone (suonati da Bucci)], nel tentativo di generare nuovi spazi sonori nell’affiancamento dell’ecatorf con gli strumenti da cui ha attinto la sua fisiologia (le ance e i bocchini del clarinetto contrabbasso, le chiavi, la campana e la coulisse di trombone e tuba), senza dimenticare combinazioni meno frequenti tra registri alti e bassi che si verificano quando Fedele si adopera su clarinetto contralto, flauto dolce, ottavino e rombo.
Benthos si sviluppa in 10 pezzi, è impostata nella chimica della libera interpretazione, dove sotto la patina di differenti dinamiche sonore (l’ecatorf a volte ‘pulsa’ come uno stantuffo, a volte ‘strappa’ o ‘mitraglia’) c’è spesso anche un ‘moto’ lineare, linee di comunicazione che impongono una revisione dello scenario timbrico, non esaustivo e consono all’apertura di una sostanza addirittura idiomatica: sotto questo punto di vista è da acclarare lo schema utilizzato per la Round Midnight di Monk, dove la melodia è riconoscibile ma inoltrata in una zona di sigilli scuri. Ma ciò che colpisce dopo approfondito ascolto è la bravura dei musicisti, la loro apertura al gesto, che è accettazione e consapevolezza dell’esperienza improvvisativa unica che si sta percorrendo. Un tour di gratifica erga omnes.
Cancelli/Freedman/Giust/Pacorig/Pascolo – A Life In The Day Of
Registrato all’Arsenale Jazz House di Cividale del Friuli nell’ottobre del 2024, A Life In The Day Of è una session d’improvvisazione che vede coinvolti Gabriele Cancelli a tromba e flicorno, Lori Freedman al clarinetto basso, Stefano Giust alla batteria e piatti, Giorgio Pacorig al pianoforte e Paolo Pascolo ai flauti. La sessione è stata divisa in due lunghe parti di circa 27 minuti e si sviluppa secondo un modello evolutivo dell’improvvisazione che rifiuta strutture precostituite e, come in un respiro di lunga durata, alterna intensità e velocizzazioni d’insieme, con i musicisti sempre in cerca di una spontaneità correlata e attuabile anche tramite invasioni nella tecnica non convenzionale: Pacorig è esuberante o riflessivo sulla tastiera, Freedman viaggia spesso sull’armonico o sull’emissione frammentata, Cancelli lancia in continuazione linee melodiche senza risoluzione che ricordano il modo di operare dei trombettisti free jazz degli anni settanta, Pascolo esalta le qualità espressive del flauto, Giust crea sul momento indirizzi ritmici, insinua ponderazione con semplici gestualità o quasi nervosamente accompagna l’astrazione di gruppo.
A Life In The Day Of è una sintesi riuscita di ciò che vale nel processo improvvisativo: una cornice d’insieme ed un tempo comune fluido che è una sommatoria non perfetta dei tempi singolari; il bel disegno in copertina di Giust ritrae in nero un uomo in volo con un paracadute ed una mappa che traccia dei sentieri d’arrivo (Braxton?), mentre lateralmente in basso due piramidi, di cui una rovesciata e disegnata in blu, con un uomo che si arrampica su una scala: sono segni che potrei interpretare come specchi dell’attuale momento contradditorio della musica.
Cromosoma è il titolo di una registrazione estemporanea fatta nello Studio Salotto Setolare di Pordenone nel dicembre del 2023 che vede in azione un trio formato da Stefano Giust, Patrizia Oliva e Francesco Costa. Ognuno di loro ha accesso ad un ampio spettro di strumenti e oggetti sonori: Giust aumenta moltissimo il parco percussivo aggiungendo alla batteria gong, kalimba, wooden and temple blocks, tamburello, carillon, foglio di rame, alcuni tipi di battente ed alcuni oggetti; Oliva si concentra sul call birds, campanelli, tamburo, scacciapensieri, foglio di metallo, fisarmonica giocattolo e tape recorder; Costa suona tromba, clarinetto con tubo in silicone, campane da pascolo, foglio di plastica, percussioni in legno e un sintetizzatore monotron. Cosa c’è dietro questo progetto atipico? L’ascolto è determinante. Si intuisce immediatamente come l’idea è quella di cesellare uno stato mononucleare della musica, cellule primitive e non specializzate dei suoni in grado di farci ritornare all’efficacia delle origini, aprendo il campo in maniera moderata e distintiva alle qualità timbriche nude degli strumenti e degli oggetti; la titolazione non sembra mentire su un progetto che si presta ad almeno due ordini di interpretazione, da una parte la genetica della musica vista ancora come elemento essenziale della trasmissione, senza artifici di elettronica e nell’ottica di riacquisire le frequenze benefiche, dall’altra una divisione della parola ‘cromosoma’ in ‘cromo’ – ‘soma’ ci potrebbe dar conto di una sostanza sonora metallica, dove la cromatura svolge un ruolo biologico e somatico ai fini musicali. La verità è che Cromosoma è radice e punto di arrivo del far musica, una sorta di ‘field recording’ improprio che ci fa comprendere quanto sia importante l’evoluzione funzionale dei suoni: essi vengono messi uno di fianco all’altro, con silenziose prospettive, timidamente inseriti in una personalizzazione real time che però fa meditare e consegna benessere. Era da un bel pò che Giust non pubblicava lavori così interessanti e sperimentali.






