Con i venti di cambiamento che spirano sulla diffusione della musica cosiddetta contemporanea è necessario interpretare questa 69° edizione della Biennale veneziana. Sull’efficacia della nuova direzione artistica, affidata a Caterina Barbieri, avevo già scritto un articolo qualche mese fa (lo puoi leggere qui), in cui mettevo in evidenza come fosse necessaria una nuova articolazione del termine ‘contemporaneo’ e allo stesso tempo come fosse necessario non snaturare il principale evento italiano fondato sul potere della ‘scrittura’, esprimibile nelle sue varie e moderne concezioni (partitura, esposizioni grafiche, intermediali, etc.).
L’edizione 2025 si è probabilmente plasmata sui riferimenti prioritari di Barbieri e sulla percezione di un ‘cosmo’ inteso in senso universale e duplice, da una parte il firmamento e le stelle che lo popolano, dall’altra l’area di interiorità dell’umanità. Nella musica questi riferimenti sono stati utilizzati in modo massiccio e l’area di attrazione non ha certamente risparmiato i compositori classici (pensate






