Marion Brown

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Il mese scorso è deceduto Marion Brown, uno degli alto sassofonisti (l’altro era John Tchicai) che partecipò allo storico progetto jazz di Coltrane in “Ascension”: di lui si sono dette molte cose, sempre positive; Brown aveva un fraseggio che coniugava la visceralità del free-jazz statunitense (Coleman e Shepp in particolare) con la liricità, la cantabilità e direi anche il gusto esotico di un Sonny Rollins. In questo senso i due albums che più lo rappresentano e mostrano la bravura tecnica del sassofonista americano sono certamente i notevoli “Quartet” del 1965 (con improvvisazione ritmica di stampo americano) e “Portonovo”del ’67 (con un sound più improntato alla corrente europea). Molti critici spesso hanno sottolineato il maggior valore apportato da albums come “Three sheep” e “Why not”, rispettabilissime incisioni jazz, ma che forse non lo rappresentano al meglio: Brown si divideva piuttosto chiaramente tra le due anime del suo stile. Tuttavia, secondo la mia modesta opinione, Marion Brown dovrà essere ricordato soprattutto per le sue qualità di compositore ed in tal senso “Afternoon of a Georgia Faun” è un “masterpiece” da incorniciare: il lavoro uscito nel ’70 con un cast d’eccezione (Braxton, Corea, Cyrille, Lee, Maupin, etc.) e registrato alla ECM (unico da lui inciso per l’etichetta di Eicher) fa compiere al “free” uno nuovo passo in avanti, perchè di fatto dà un contributo incomparabile all’improvvisazione “psico-ambientale”: spezzoni d’avanguardia “free” schizzati dentro le due lunghe composizioni musicali si incastrano in una struttura dove le percussioni e i vocalizzi apparentemente non comprensivi della cantante Jeanne Lee, continuamente ricreano una specie di vortice dei ricordi; un flusso di suoni ricavato dall’ambiente, probabilmente vissuti in quei pomeriggi in Georgia da bambino che riproducono la fauna del posto (uccelli, insetti, etc.) con i musicisti tesi a catturare l’aria e l’atmosfera dei luoghi anche attraverso un vocalismo ancestrale; si cristalizza il “free” realmente su un altro piano, una sorta di rigenerante e mistica arte del sentimento. Esperienze simili erano in quegli anni comuni solo a pochi artisti, penso per esempio a Sun Ra, sebbene quest’ultimo le utilizzava per un visione cosmica che in Brown invece non c’è; qui tutto si tramuta a ritroso in una sorta di macchina del tempo nelle persone e soprattutto nell’ambiente. Brown cercherà ancora di ripetere questa esperienza con il seguito “Geechee Recollections”(che possiede solo una caratterizzazione delle idee meno pronunciata) e con “Sweet earth fliyng”(che riproduce i temi con un approccio davisiano) ma non riuscirà ad organizzare i suoi “dipinti” musicali agli stessi livelli di “Afternoon of a Georgia Faun”, anzi l’esperienza discografica dell’artista da quel momento comincia a diradarsi, si articola con molte ripetizioni soprattutto live e prende spesso la strada della collaborazione.
Discografia consigliata:
-Marion Brown quartet, Esp/Fontana 1965
-Portonovo, Arista 1967
-Afternoon of a Georgia Faun, Ecm 1970
-Geechee recollections, Impulse 73
-Sweet earth flying, Impulse 74
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.