Nico Muhly: proiezioni di musica contemporanea

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Fonte https://www.flickr.com/photos/pete_m/15380767736/ Autore Steven Psano, licenza Creative Commons Attribuzione 2.0 Generico; no change was made

 

Questo compositore ventinovenne del Vermont è l’emblema di come oggi ci si possa ancora fidare del panorama underground della musica contemporanea: cresciuto prendendo lezioni da Corigliano e Rouse ma con esperienze concrete fatte con musicisti più o meno appartenenti all’indie-rock, ha iniziato qualche anno fa ad incidere dando alle stampe un album “Speaks volume” per una etichetta islandese, che immediatamente è balzato agli occhi della critica musicale per alcuni elementi decisamente pregnanti: l’idea è quella di dare un identità agli strumenti miscelando dal punto di vista artistico vari elementi: il minimalismo di Glass (soprattutto quello di “Einstein on the beach”), uso spesso cage-iano degli strumenti (specialmente il piano), elettronica leggera, e un gusto particolare per gli arrangiamenti che si presentavano in varie forme e con varie dinamiche sfruttando elementi del passato musicale anche non tipicamente “classico”: in questo senso è “Keep in touch” brano finale dell’album in cui si scorgono nuovi fonemi di uno splendido linguaggio che riporta alla mente uno dei vertici di tutta la storia del rock, Robert Wyatt, e costituisce il tentativo dell’artista di agganciarsi in modo parallelo a quel mondo. Muhly nella sua ricerca di contrasto tra l’austerità di una linea semplice di archi (in uno stile quasi post-rock) e il dolce modernismo di un piano è sembrato già un passo avanti a tutti i compositori del filone “modern classical” e più intellettualizzato dei musicisti post-rock. Quella embrionale sperimentazione vocale di “Keep in Touch” viene ripresa con maggiore vigore nella sua seconda raccolta di lavori “Mothertongue” in cui il brano omonimo, pur con un linguaggio talvolta appesantito, senza dubbio unisce un puzzle ancora più complesso, che non è solo Glass ma ha elementi vicine alle esperienze vocali ed elettroniche di Laurie Anderson, e che non prescinde da un attento percorso di ricerca di costruzione sonora dell’avanguardia classica (Stockhausen in particolare). In “Wonders” emergono anche spunti folk resi possibili dal canto di Sam Amidon. Questo basta per essere arrangiatore e conduttore nei lavori di molti validi artisti (Anthony Hegart, Bjork, Amidon, Bonnie Prince Billy, etc.) ed essere presente in vari contesti come tastierista di Philip Glass; non solo: Muhly ottiene un contratto discografico alla Decca Records che per quest’anno lo vede pubblicare quasi contemporaneamente più opere in due cd: “A good understanding”, al cui interno si trovano lavori corali eseguiti dalla Los Angeles Master Choral e soprattutto “I drink the air before me” che invece è un unitario lavoro scritto per una compagnia di ballo e che riprende le impostazioni di “Speaks volume”: come in quest’ultimo vi sono momenti musicali molto intensi che confermano l’idea che Muhly debba essere considerato un originale talento soprattutto per via di quegli arrangiamenti strumentali che proiettano in un solo colpo più di cinquanta anni di musica contemporanea.
Discografia consigliata:
-Speaks volume, Bedroom Comunity 2006
-Mothertongue, Bedroom Community 2008
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.