Oscar Naxos 2012

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 Come stato ampiamente discusso in passato su questo blog, la musica americana del primo novecento dopo aver formato le sue basi stilistiche, pian piano si è arricchita dei nuovi flussi migratori causati da varie motivazioni. Questo ha fornito nuove caratterizzazioni del “suono” tipico americano del novecento (quello intriso di una romanticità tutta personale, con il jazz e le culture metropolitane che mordevano all’interno della composizione) e alcuni paesi hanno addirittura dirottato i propri artisti verso quello statunitense per un processo di completamento degli studi classici. L’israeliano Ronn Yedidia (1960) ha seguito anche lui questo percorso da talento precoce che si trova a vincere tanti concorsi difficili nel mondo con debordante personalità: splendido pianista, aspetto che può essere apprezzato in un cd per la Altarus Records del 2001, molta scrittura e scarse registrazioni ufficiali, qui compone il suo primo lavoro di ricomposizione per la Naxos; è un cd dove vengono privilegiate le composizioni in duetto tra il piano (da lui suonato) e il clarinetto (uno splendido Alexander  Fiterstein): il suono qui è romantico, ma è un romantico molto attuale, perchè si arrichisce dello spirito degli uomini di oggi (vedi il pathos di Farewell Nathaniel dedicato ad un suo allievo pianista purtroppo scomparso); forse qui non troverete l’esplosività delle composizioni in solitudine di Yedidia, ma episodi come “World Dance” rispecchiano le velleità compositive dell’israeliano: un sound di raccordo tra una base in odore di Copland e tutta una serie di elementi “tradizionali” (jewish, arabici e balcani) che si plasmano all’interno. E’ chiaro che essendo il clarinetto soprattutto protagonista qui apprezzerete le sue evoluzioni “impressioniste” di cui forse non si è mai stanchi. Il “Concertino” finale inserisce degli splendidi archi imbevuti di pregnante identità medio-orientale.
David Del Tredici è, come risaputo, è stato uno di quei compositori che hanno cambiato pelle durante il corso della carriera. Partito come serialista, il compositore americano conobbe la fama grazie alle opere orchestrali con tema letterario ed in particolare il canovaccio testuale di Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll fu ampiamente approfondito anche con episodi successivi. Ma il cambiamento si è concretizzato negli anni ottanta con l’adesione alle prime forme di “neo-romantico” che colpiranno molta composizione statunitense di quegli anni: in sostanza si può affermare che Del Tredici sia uno degli iniziatori di questo movimento; negli ultimi tempi il compositore californiano sembra essere stato preda del lavoro pianistico fatto da personaggi del passato romantico come Schumann o Brahms facendoci pensare in qualche modo ad una sterile adesione al quel modello; in realtà Del Tredici unisce lo spirito di quella composizione con rilevanti parti di piano che invece si rifanno al modello obliquo di Ives (quello del flusso di coscienza alla Joyce) e danno un senso alla copertina dove il compositore è seduto su un pianoforte sospeso sulla sottostante metropoli di grattacieli di New York. Marc Peloquin è l’esecutore di questa primo volume di brani che dovrebbe comprendere tutta la produzione pianistica di Del Tredici.
Sempre nella serie American Classics un’altra proposta discografica molto interessante è quella del compositore Claude Baker di cui possiamo apprezzare il taglio stilistico in alcune sue composizioni: innanzitutto i tre movimenti del suo “The glass bead game“, trasposizione musicale di una novella di Herman Hesse, in cui Baker mette in pratica la tecnica del “collage”, ossia commenta le implicite considerazioni del
poeta tedesco (che in quella novella acclarava l’inutilità dell’avanzamento intellettuale dal momento che la società si basa sempre su elementi conosciuti), distribuendo in maniera acritica alcune composizioni famose della storia (si va da parti che risalgono a Bach, alle variazioni orchestrali di Dalla Piccola, Schoenberg e a quelle sinfoniche di Vaughan Williams e Shostakovich): “The glass bead game”, nonostante sia stato composto nel 1982 mi sembra ancora molto attuale, poichè affrontando il tema dell’equilibrio tra benessere mentale e fisico, offre musicalmente l’idea che è possibile raggiungere lo scopo talvolta solo mescolando i mezzi a disposizione. Il carattere spirituale e mistico della composizione di Baker è il leit-motiv anche delle successive composizioni, in cui vi è anche il tentativo di dare una forma musicale a forme poetiche orientali (haiku) e di metterle di fianco a spezzoni di profondo respiro religioso (tratti orchestrali di Mahler) o ad impulsi aggressivi (reminiscenze di passaggi orchestrali stravinskiani).
Nella serie Canadian Classique è invece da segnalare il lavoro della compositrice Vivian Fung (1975), “Dreamscapes“, specificazione di tre composizioni che navigavano nel mondo abusato della interposizione multietnica: influenzata da gamelan, le preparazioni al piano di Cage, la provenienza asiatica (è figlia di cinesi emigrati) l’aspetto compositivo è la summa di queste influenze che quindi hanno molto della straordinaria attrattiva della musica asiatica; è una equa condivisione delle due grandi culture del mondo che vengono a contatto, mettendo in evidenza una verve compositiva gradevole ed importante al tempo stesso che rende i suoi protagonisti (violino e piano) vitali e mistici negli stessi spazi.
Per tutti i cds consiglio al solito di leggere bene le note interne.

 

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.