Le intersezioni culturali della musica di Noru Ka Soru Ka

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Così come il jazz ha avuto la sua danza, anche la free improvisation ne ha avuta una: sono numerose le performance incrociate tra improvvisatori e particolari ballerini di danza. Si tratta di un aspetto visivo che per molti è essenziale poichè proietta nella danza la libertà strumentale profusa nel suonare. Siamo decisamente lontani anche dalle movenze della danza jazz così come questa si è sviluppata dallo swing fino agli anni sessanta perchè nell’improvvisazione libera si sono modificati i movimenti, che perdendo il loro originario attaccamento al ritmo sincopato, si sono adeguati ai modelli derivanti dalla danza contemporanea. Ecco quindi che nella danza free sono diventate decisive le pose che hanno assunto una fluidità e una variabilità diversa, importanti per veicolare (attraverso la fisicità dei ruoli dei ballerini) quelle stesse conquiste che sono state fatte nella musica (libertà nelle regole “armoniche” del movimento, gestualità casuale, salti, etc).
Il chitarrista statunitense Mike Nord (chitarra ed electronics) e il percussionista svizzero Georg Hofmann hanno sperimentato molto questo tipo di approccio musica-danza, andando anche oltre in effetti: hanno cercato nuovi terreni espressivi unendo l’improvvisazione libera alla cultura orientale inserendo nel loro progetto danzatori e cantanti: l’interazione è caduta sulla danzatrice Mao Arata e sul giapponese Makoto Matsushima, che oltre ad essere un danzatore è anche un cantante: la decisione di tradurre in una registrazione ufficiale le loro prestazioni dal vivo fatte durante la vita di tour dell’autunno del 2012, ha anche una motivazione ben precisa: “Noru ka soru ka” è un’espressione giapponese che significa “piega o rompi”, ed è un termine che ben rispecchia le idee profuse; pur non essendo possibile un riscontro visivo (che direi è imprescindibile in questo tipo di manifestazioni)*, almeno da quello musicale si rinviene un’affascinante suspence sonora in cui le impostazioni “occidentali” dei due musicisti (scampoli di Frisell e Sharpe da una parte, di Pierre Favre e Centazzo dall’altra) si adoperano quasi naturalmente per accogliere quelle “orientali” che entrano gradualmente in gioco, anzi direi che vengono cercate: Matsushima ha sviluppato in tanti anni di esperienza un proprio stile,  influenzato da alcune arti marziali e da un certo tipo di canto pragmatico del suo paese, che qualcuno chiama “poetica spaziale”, riferendosi alle coreografie composte per denunciare l’incontestabile stress urbano dei grandi centri. E’ questo è probabilmente il significato profondo di “piega o rompi”, il desiderio di trovare un equilibrio ambientale che faccia convivere tutto (uomini, princìpi, religioni, etc.) rielaborando il senso utile dei nostri affanni. Questo disco è un meraviglioso pezzo d’arte che vi trascinerà con candore in territori purtroppo troppo trascurati dall’establishment mondiale.
Note:
*potete comunque farvi un’idea attraverso un video trailer dei loro spettacoli, caricato su youtube.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.