Yael Manor’s debut recording at the American Composers Alliance

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L’ACA (American Composers Alliance) è un organismo di promozione dell’attività compositiva americana nato nel 1937 grazie all’opera di Aaron Copland ed altri compositori per porre in essere la materialità delle pratiche compositive ed esecutive relative alla musica moderna statunitense: nell’offerta di servigi rientravano stampa di partiture, accesso alla concertistica, nonchè tutte le mansioni divulgative rientranti nel normale novero della pubblicità musicale. Uno dei tasselli mancanti, ossia la registrazione delle composizioni, venne colmato quando nel 1970 nacquero, come dipendenza dell’associazione, una label dedicata (la CRI) ed un’orchestra (l’American Composers Orchestra); l’evoluzione veloce negli ultimi vent’anni, condotta attraverso i costi crescenti delle registrazioni e i minori introiti dovuti alla ridotta propensione all’acquisto dei dischi, ha provocato ulteriori riorganizzazioni: da considerare come eventi in positivo, la proprietà dell’etichetta discografica è confluita nella celebre New World Records, con una serie programmata di 12 pubblicazioni discografiche all’anno (una al mese), mentre l’orchestra, oltre a diventare un grande raccordo dei compositori sparsi in tutte le zone dell’America, ha raggiunto livelli di organizzazione di eventi molto importanti.
Il 9 luglio scorso l’ACA è scesa in campo come produttrice discografica creando il primo numero della sua serie: qui si contempla il debutto discografico della pianista Yael Manor, che presenta un set di 7 inediti di solo piano, di compositori americani affiliati all’associazione. “Elixir” mostra una ben precisa scelta di campo, che con molta sagacia veleggia sul patrimonio pianistico moderno del novecento americano, scegliendo la via più appropriata a mò di tracce; perciò in Elixir convivono i principali approcci modernistici dell’American piano: quello dell’incrocio tra tendenze popolari e garanzie occidentali sviluppatesi idiomaticamente nell’America dei primi cinquanta anni del novecento; quello battezzato da Ives, Ruggles e corroborato da Copland, che ricavavano magnifiche armonizzazioni dall’applicazione parziale di tecniche seriali e non convenzionali, tese al trascendentale e quello più attuale, che tende alla commistione di più elementi vecchi e nuovi in senso post-moderno, contemplando anche le intersezioni create dal minimalismo e dalle pause estatiche alla Satie.
Manor cerca di cogliere aspetti pedagogici che possano far risaltare quel carattere spirituale dei loro autori, che è anche velatamente descrittivo e destabilizzante ed in questo un notevole aiuto nell’ispirazione arriva in molti casi dai riferimenti poetici o letterari che conservano le composizioni. Comunque sia è un set calzato a misura di Manor.
Elixir” apre con “Honey” del compositore Lawrence Dillon, che sfrutta la splendida riflessione sulla dolcezza sconfinata apportata dalla musica in più di otto secoli del suo mantenimento; sistemata sulle ali di un delicato incantesimo sonoro, sfoggia tracce di impressionismo e minimalismo in cui compare un tenero contrappunto (anche ritmico) che sembra descrivere due entità che si rincorrono nella beatitudine della loro esperienza di condivisione del dialogo.
Il ripescaggio della Manor indietro nel tempo va ad interessare Frederick Tillis, che qui viene presentato con la Spiritual Fantasy n. 4, in odore di mini-ombre black stemperate nella composizione classica; dico ombre perché siamo lontani armonicamente dagli incesti di Gershwin o Ellington. Così come rimangono allo stadio di parcellizzazione i riferimenti ad Ives che si scontra con il valore dei silenzi acustici in “Code of un-silence: a prayer” del compositore Richard Cameron-Wolfe, dove la musica stringe legami con la poesia di California Psalms di Tatyana Apraksina.
L’altro riferimento letterario in Elixir è Julio Cortazar e il suo Rayuela: la composizione a lui riferibile è stata scritta dal giovane compositore di origini venezuelane, Reinaldo Moya, ed in teoria cerca di dare un costrutto ai temi di Cortazar: il particolare tipo di gioco a campana, con i suoi significati remoti di cambiamento di stato, che in definitiva esprime la favola del mondo intero. Il brano è molto impegnativo per il mantenimento delle atmosfere, ha un’ascendenza da Copland piuttosto pronunciata, e riporta una capacità estraniante notevole che forse ha l’unico difetto di farci dimenticare la “durezza” intrinseca dei giochi di Cortazar; sembra più calzante per un normale avvicinamento alla realtà, l’esercizio di un minuto e mezzo di “It rained! The ants ran…” del compositore Jun Yi Chow, che ha una coercizione subdola più diretta; mentre la Toccata per piano di Karl Kroeger trasloca in evanescenze tecniche classiciste.
Elixir chiude con le Variations for Piano del compositore Robert Parris, una piccola perla di virtuosismo pianistico, che scorre intensa attraverso le mani della Manor, che dimostra di possedere le carte in regola per diventare un punto di riferimento nel panorama pianistico internazionale.