Il New England di Stuart Saunders Smith

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Si può certamente provare a comprendere il perché un compositore come Stuart Saunders Smith (1948) non abbia avuto l’eco immenso di un Cage o di un Harrison: negli anni in cui comincia a prendere forma la serie dei suoi Links, l’indotto sonoro è totalmente sbilanciato nella novità della ricerca musicale; Saunders Smith si trovò nella condizione di doversi mettere di fianco alle evoluzioni sulle potenzialità dei suoni percussivi di Third construction di Cage e ad una delle più complete dissertazioni sul gamelan e su alcuni tipi di percussioni dell’estremo oriente così come composto da Harrison; inoltre Saunders Smith dava più rilievo al vibrafono, strumento che mentre nel jazz trovava ampio consenso, nella classica veniva solitamente subordinato alla marimba. Ma dal punto di vista della forma nessuno si accorge a pieno delle poliritmie intricate del compositore e della filosofia sottostante la sua musica: quella di Saunders Smith è una ben diretta, emotiva, trasposizione in musica del trascendentalismo americano di Emerson e Thoreau, dove le riflessioni sulla natura e la saggezza della vita degli autori statunitensi trovano posto in una composizione fatta ad arte per essere fruita come un contenitore di cristallo lucente; prima di addivenire al prodotto finito, Saunders Smith rende visibile l’importanza dell’improvvisazione come metodo anticipatore, ideale servizio sensitivo che trasferisce l’impulso creativo dal cervello ai mallets, e la sua composizione si crogiola in una naturale e conseguente mutazione che conduce esteticamente con sincerità frivola alle sculture mobili di Calder.
Non c’è molto spazio in una recensione per descrivere quanto fatto da Saunders Smith nel campo delle percussioni, tuttavia dovrebbe essere un dato di fatto la circostanza che vede la musica di Saunders Smith lodevolmente accettata per sondare una certa tipologia di sentimento, quello dell’inviolabilità del tempo; si vuole catturare il momento creativo, il pensiero dalla incompleta definizione che vaga nella mente nello stesso istante temporale, ciò che nelle parole del compositore è “espansione” e che si formalizza nell’atto della scrittura: si intuisce nella tipologia espressiva dell’esposizione musical-letteraria, in quella teatrale (dove si avanti inesorabilmente anche la corporalità e l’azione fisica dell’esecutore) e finanche negli intenti speculativi posti in essere per dare nuovo significato a glockenspiel e tastiere con suoni vicinissimi a carillons e music boxes; tuttavia quando si pensa alla sua musica non si può fare a meno di ammettere che il vibrafono e i suoi cicli composti siano le armi rivelatrici: oltre alle Links Series (che l’hanno impegnato in un periodo che va dal 1974 al 1994 coinvolgendo tanti percussionisti), Saunders Smith ha perpetuato il suo impegno nel vibrafono in solo con molte altre composizioni (si va dai quattro movimenti di They look like strangers fino ai Family Portraits, un ciclo strumentale misto in cui la musica vuole tentare di ricostruire il carattere dei familiari. Da un pò di tempo la sua attenzione si è spostata su The Night suite, cinque serate di vibrafono, una per ogni giornata, che racchiudono cicli di pezzi già singolarmente preparati negli ultimi dieci anni: tra questi, si ritrova anche New England, 11 movimenti che rappresenterebbero il martedì sera esecutivo, movimenti a cui abbiamo accesso ufficialmente tramite l’esecuzione del vibrafonista austriaco Berndt Thurner per la registrazione di Kairos R..
New England è un’altra dimostrazione della forza intrinseca della musica di Saunders Smith e del predominio del vibrafono: gesti, telai ritmici, risonanze e movimentazione sonora contribuiscono al pensiero che, pur senza estensioni, si possano ricreare le migliori condizioni per un ascolto meditativo; è un lavoro di 11 tracce senza prevalenza alcuna, percorsi impostati con una verve seriale, che nascondono sorprese solo se prestiamo anche poca attenzione ad esse. All’esecutore si richiede un’extra rendimento nell’interpretazione, che consiste in una serie di azioni stabilite, punti cardinali utili per ottenere la particolare tessitura dei suoni e delle relazioni sonore, un’epifania che un bravissimo vibrafonista come Thurner coltiva con piena consapevolezza, oltre il semplice intento collaborativo trattandosi di interscambi che arricchiscono e passano aldilà delle partiture.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.