Claudio Milano and his friends

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Nel clima plumbeo che accoglie Trio (Intemporal), ossia la parte centrale di uno splendido contributo musicale dell’Ivano Nardi Ensemble ispirato alla spregiudicata poetessa Elsa von Freytag-Loringhoven, c’è una strabiliante perla vocale che la trapassa: la performance di Claudio Milano che si intromette nella temperie delle vicende di una donna che da più parti è considerata la madrina del dadaismo è impressionante; le basi programmatiche degli esperimenti musicali di Nardi e il suo ensemble si fondano sul rancore verso una società non riconoscente, un livore tutto chiuso nei suoni e nell’espressione vocale. E’ emblematico il fatto che il “gattopardismo” di Visconti applicato all’umanità e alla società, che implica che tutto si modifica ma senza che cambi nulla, sia un principio tuttora validissimo: in quel “futuro antico” proiettato da Nardi e i suoi musicisti c’è un sapore di impotenza ma anche di elevazione consapevole e Milano, nella sua improvvisazione vocale che stana le aree dei detriti, dei paradossi e mancati reclami, funge da potente incentivatore; la voce gradualmente si allunga, dai toni baritonali a quelli alti, con flessibilità spaventose e al limite del lugubre e poi ad un certo punto compare un canone bellissimo che mette in mostra un timbro vocale che porta chiarore.

Tutti sanno che la proiezione vocale di Milano, saggiata e sperimentata nella musica, ha di regola calcato gli scenari del rock, dei collegamenti al teatro musicale e drammaturgico (1). Tuttavia è riduttivo pensare a lui come ad un buon cantante di rock o ad un attrattore teatrale. Claudio valuta tutti i progetti cercando sempre di trovare una corrispondenza tra gli umori della musica che deve rappresentare e la filigrana della sua voce, duttilmente disponibile per le attività che vi si offrono ed è questo il motivo per cui da lui non potrete mai dedurre musica inutile o scadente, perché dentro la personalità di Claudio c’è un dirompente mondo coerente, passione e competenze; prendete per esempio il suo ultimo CD ManifestAzioni live 2011-2023, che raccoglie registrazioni ineccepibili fatte in più di un decennio tra Italia e Francia con molti compagni d’avventura (Giovanni Floreani con i Strepitz Open Project, Gian Paolo Tofani per Krsna Prema Das, Ares Tavolazzi per Area Open Project, Walter Calloni, Vincenzo Zitello, Ermes Ghirardini, Luca Casiraghi, Giulia Zaniboni, etc.) e valutate lo spirito di ricerca che anima le canzoni, qualcosa di lontanissimo dagli standard del rock che fa le mode o le tendenze. Milano nelle note di accompagnamento parla di:
1) “…music from the Middle Ages to the present day with great passion for that 20th century (and the first twenty years of classical and jazz in the 2000s) that ended up in a drawer as something uncomfortable and to be forgotten, in the presumption of a linearity of progress and history that is in fact the greatest lie of the contemporary world…”,
sottolinea la genesi del linguaggio:
2)”…modern and medieval Italian, German, Latin, Greek, ancient French with a pronunciation far removed from that of today, Gaelic, contemporary and patriarchal Friulian, Sicilian dialect, grammelot…”,
e non trascura certo l’aspetto letterario:
3) “…all this amid original lyrics and remixed quotations from the writings (also) of Dante Alighieri, Leo Zanier, Bertolt Brecht/Kurt Weill, Nikolai Rainov, Giuseppe Ungaretti, Derek Jarman, Alan Bennett, Conon de Béthune, Franco Battiato…”.

La giunzione di queste tre affermazioni di Milano merita una breve riflessione in rapporto a quanto la musica offre all’ascoltatore: Milano ha molta ragione quando dice che di fatto è una grande bugia la linearità del progresso musicale, soprattutto se ne escludiamo i presupposti vitali; se è vero che le epoche d’oro del canto (intendendo con esse quei periodi storici in cui è palese la forza delle innovazioni e le difficoltà della pratica esecutiva) non hanno guardato in faccia ad una progressione temporale (2), è anche vero che una progressione esiste quando consideriamo che fino al Medioevo inoltrato il canto era indiscutibilmente favorito da una minore considerazione degli strumenti musicali, perchè rudimentali, canonici o inesistenti: quindi l’unica progressione facilmente riconoscibile in musica è quella canto-strumenti. Sulla base di questa omogeneità nel ricorso temporale va allora detto che il canto di Milano è canto di “innesti”, capace di lavorare su una linea melodica medievale così come su una simulazione di una modernissima chitarra hard rock, tenendo però di fianco a sé i risultati di una sperimentazione vocale consolidata e plasmata in un tessuto rock che Milano ama molto.
Riguardo al linguaggio, l’eterogeneità proposta è frutto di una sapiente organizzazione che ha pochi simili anche pensando all’epoca d’oro del rock progressivo dove accertamenti su impianti melodici medievali o caratterizzazioni musicali basate su mitologiche ispirazioni non sono stati certo risparmiati; è qualcosa che comunque condivide anche l’interesse di una parte di improvvisatori che parallelamente (e silenziosamente) hanno visto dei possibili legami (3).

ManifestAzioni live 2011-2023 ha fascino da vendere in un’epoca in cui il rock e le musiche popolari sono in crisi di qualità. Fa capire che c’è ancora un modo per prescindere dalle manipolazioni psicologiche che subisce il mondo musicale per intero, lavorando sulle identità possibili della voce e dei suoni. Qualità estensive del canto che non conoscono confini, qualcosa che il buon Gianni Lenoci mi diceva sempre, segnalandomi la bravura di Claudio.

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Note:
(1) invito i lettori a guardare qui Decimo Cerchio, uno dei suoi ultimi cineconcerti dedicato all’Inferno di Dante.
(2) si pensi, per esempio, alle difficolte esecutive dell’Ars subtilior, uno stile di canto del trecento.
(3) restando solo alla Francia, si potrebbero trarre delle conclusioni sin dal primo free jazz francese, da improvvisatori del nostro tempo come Pascal Niggenkemper o da gruppi trasversali come La Nòvia.

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.