Steve Lehman: dialettica fluorescente

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Charlie Parker fu un’ illuminazione nella storia del sax alto: come già detto in altre occasioni, la profonda padronanza dello strumento ne fece di lui un musicista difficilmente superabile per le generazioni a venire; se infatti consideriamo le evoluzioni stilistiche dei maggiori sassofonisti altisti dal 1950 fino ad oggi notiamo che il campo si restringe in maniera pressochè spaventosa ed è anche frutto delle innovazioni di genere che il jazz ha subito in altri settanta anni di storia; accanto ai sassofonisti cool come Konitz e Desmond, che si caratterizzavano per il tocco soffice,  i maggiori discepoli di Parker ne portarono il verbo geniale dell’uccello che vola, per almeno altri vent’anni (tra questi è doveroso segnalare la consistenza tecnica di sassofonisti come Jackie McLean o Phil Woods), dirottando il be-bop (o l’hard bop) verso il free jazz. Gli altri movimenti realmente innovativi in termini di stile saranno quelli creati da Ornette Coleman e dagli altisti free a lui collegati come Marion Brown, Hemphill, Lake, Blythe; quello di confine con la musica colta e la sperimentazione che fu l’idea stilistica di Braxton o Roscoe Mitchell e quelli “schizoidi” creati dall’avanguardia newyorkese di Zorn (tra questi Berne ed Ehrlich) che però non ha potuto fare a meno di accrescere l’utilizzo di tecniche estese allo strumento.
Tutte le nuove generazioni di alto sassofonisti si muovono in queste coordinate e non fa eccezione nemmeno questo straordinario musicista di New York, Steve Lehman, classe 1978, che sull’asse McLean (per la velocità di esecuzione), Braxton (per l’improvvisazione incrociata) e Zorn (per il piglio avanguardista) sta costruendo la sua giovane carriera e ammaliando gli appassionati di jazz. Steve si è subito imposto all’attenzione al suo esordio discografico con “Structural fire”, che era una rinnovata esposizione su un campionario di suoni e soluzioni “libere” in cui svettava il suo eccellente solismo. Fermamente convinto della sua posizione Lehman continuerà l’esperienza nel trio Camouflage dove evidenti sono i tentativi di forzare i modelli; come scrive Giuseppe Segala nella recensione del trio del 2004 per Allaboutjazz Italia….”Al sax alto Lehman mette in evidenza una voce affilata, aspra e penetrante, un timbro sottilmente nasale, un fraseggio avventuroso, ricco di contrasti dinamici, a tratti vorticoso. Al sopranino mostra una versatilità e un controllo esemplari…..” Lehman riesce a creare quelle catarsi artistiche che pochi musicisti riescono a sostenere. Tanta bravura gli permette di entrare a pieno titolo nella casa discografica della PI-Recording, etichetta devota alla qualità e all’innovazione delle proposte: Steve incide “Demian as a Posthuman”, un’evidente tentativo di dare attualità alla vita newyorchese attraverso anche sonorità corrispondenti (utilizzo dell’elettronica integrato nel suo jazz) ed è costantemente parte del gruppo dei Fields, gruppo costruito assieme ai migliori talenti della scena di New York (Vijay Yyer, Tyshawn Sorey, Mark Shim, etc.) ma già da “On Meaning” si attua un processo di approfondimento del suo jazz che si sostanzia nell’uso di modulazioni metriche e tempi del tutto personali che risentono degli studi sulla microtonalità e lo spettralismo fatti sotto Tristan Murail. Con uno splendido ottetto tutto dedicato allo scopo, in “Travail, Transformation and flow“, Steve Lehman compie il suo capolavoro di sincresi tra lo spettralismo classico e il jazz sperimentale: se volete avere un’idea della nuova New York del jazz e delle sue accademiche prospettive future, “Travail, Transformation and flow” è l’episodio ideale per coglierle in pieno. Probabilmente con questo disco Steve ha inventato un nuovo stile.
Dialect Fluorescent” mette da parte le innovazioni dei dischi precedenti per tornare ad un sound più tradizionale, uno stop alla ricerca che ha nel ricordo dei suoi maestri il suo evidente limite.
Discografia consigliata:
-Structural Fire, con John Hébert, Kevin Norton, Kevin O’Neil, CIMP, 2001

-Camoflage, con Roy Campbell, John Hebert, Kevin Norton, Kevin O’Neil, CIMP 2002
-Steve Lehman’s Camouflage Trio, Interface, con Pheeroan akLaff, Mark Dresser, Cleanfeed, 2003
-Artificial Light, con Chris Dingman, Drew Gress, Eric McPherson, Mark Shim, Fresh Sound New Talent, 2004
-Demian as a Posthuman, con Vijay Iyer, Eric McPherson, Me’shell Ndegeocello, Tyshawn Sorey, Pi-R, 2005
-On Meaning, con Chris Dingman, Jonathan Finlayson, Drew Gress, Tyshawn Sorey, Pi-R, 2007
-Travail, Transformation and flow, Octet, Pi-R, 2009

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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.