Tim Hodgkinson

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GanMed64 Tim Hodgkinson, Bass Clarinet, https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/, no change was made
Il mondo compositivo è da tempo diviso su quell’aspetto fondamentale della musica, costituito dalla sua capacità di attrarre, attraverso i suoni, l’ideale immaginario dell’ascoltatore: mettendosi nei panni di quest’ultimo, i compositori hanno percorso strade ambiguamente tinte, ma fondamentalmente si sono separati sulla relazione che i suoni hanno con la mente: da una parte si sono schierati tutti i compositori sbilanciati sul versante psico-acustico e sulle impostazioni percettive stimolate dalla supremazia dei timbri rispetto ad armonia o melodia, da un’altra parte l’opposto principio, basato sull’incapacità di soggettivizzare i suoni attraverso timbri e risonanze (ottenute in vario modo), ha costituito un deterrente tale da procurare un diffuso senso di “conservatorismo” accademico, il quale si è espresso attraverso un’innalzamento del livello tecnico della composizione (si pensi alla nouvelle vague del nuovo cosmopolitismo tedesco o a quei compositori che si adoperano per cercare difficili ed improbabili collegamenti tra gli elementi fondamentali della musica (armonia, melodia o ritmo) con sensazioni mediate e successive di uno stato sensitivo(1)).
Tra coloro che hanno sposato la prima teoria, che potremmo chiamare dell’evoluzionismo tecnologico controllato perchè gran parte della materia è costruita sull’approfondimento dei timbri vessati dai miglioramenti dell’elettronica, Tim Hodgkinson occupa un posto particolare per aver trattato temi rilevanti ma stranamente trascurati se visti nell’ottica dello sviluppo futuro della musica; Tim è un musicista/compositore che è arrivato alla musica contemporanea dopo un progressivo allargamento degli orizzonti partiti dal rock. Negli anni settanta chiunque avesse una posizione politica proletaria non poteva fare a meno di conoscere gruppi come gli Henry Cow, che si ponevano già nell’ottica di un lungimirante fardello avanguardista di quella scena del rock ancora storicamente in formazione; negli ambiti di Canterbury, come si sa, il jazz era già di casa, ma certamente Hodgkinson, finita l’esperienza degli Henry Cow era già pronto ad acquisire un bagaglio formativo superiore e consequenziale: i sentieri dell’improvvisazione libera e della sperimentazione elettro-acustica erano i naturali approfondimenti di qualsiasi musicista logorroicamente alla ricerca di innovazione. Come improvvisatore, Tim ha però consolidato (attraverso alcune esperienze anche con gruppi appositamente creati) il suo pensiero scavando in una particolare regione del mondo, quella ritrovata nei territori siberiani, dediti soprattutto alla rappresentazione di riti sciamanici: forte di una accurata preparazione antropologica, Hodgkinson ha costruito una teoria dell’approccio improvvisativo rispetto alla sostanza sciamanica del tutto particolare (2). Smontando molti pregiudizi su ritmicità e risultati intrinseci della timbricità, l’inglese ne ha fornito una versione da etno-musicologo, di quelle che disdegnano le operazioni di incrocio in salsa di elettronica world, privilegiando l’autenticità e la purezza dei suoni attraverso un connubio che potrebbe ben figurare tra i prodotti della Buda Musique o della Smithsonian Folkways.
Nella composizione, poi, Tim (anche esponendo il suo pensiero con alcuni saggi) ha delineato la situazione dei rapporti della musica con l’elettronica, entrando in quel risolutivo pensiero che cerca di ottenere verifiche da questi rapporti: condividendo in pieno l’approccio tendente ad accogliere una creatività del compositore che può basarsi naturalmente anche su immagini indotte e stabilite dall’efficienza della ricerca sui timbri, il musicista inglese (soprattutto devoto a clarinetti e tastiere) ha perfettamente compreso che di fronte ad un’eccesso di offerta di tecnologia, il compositore deve compiere sempre e comunque quel processo di scelta parziale dei materiali che possano soddisfare le esigenze di contenuto musicale. Non può essere vanificata la lezione insuperabile di Varese o Stockhausen.
“Onsets”, la seconda raccolta di registrazioni assemblata dalla Mode Records (3), dispiega questi principi e tende ad accogliere quelle istanze antropologicamente “world” che si presentano in maniera sottile nella sua musica. La rappresentanza discografica recente è completata dalla recente pubblicazione di una versione live allungata di “Black sky” pubblicata dalla Setola di Maiale, un live effettuato con i K-Space, il trio composto assieme al batterista Ken Hyder e il cantante e percussionista siberiano throat singer Gendos Chamzyryn, trio appositamente coltivato per l’improvvisazione libera applicata alla sede sciamanica: questo live effettuato a Catania nel 2009 subito dopo l’esperienza abnorme di “Infinity” (un singolare cd ascoltabile solo attraverso pc con un processo digitale che mischia plurime improvvisazioni del trio in combinazioni quasi casuali), è assieme “Going up” (cd del 2004), il miglior viatico per partecipare “sonoramente” alle evoluzioni del gruppo che andrebbero valutate anche visivamente: l’ascolto, che si sposta dall’inquietudine necessaria del rituale fino al fascino di momenti strumentali occidentali, serve anche
per introdurre il fruitore più esperto nella considerazione di quello che potrebbe essere lo sviluppo e l’integrazione dei substrati etnici con la strumentazione moderna: è in vero una specificità di Hodgkinson (e di pochi altri compositori soprattutto orientali) quella di creare una sintesi tra musicalità contemporanea e tradizione (intesa anche come ampio collettore di riti o rappresentazioni cerimoniali) che tende alla scoperta di aspetti comuni inaspettati e passa attraverso un riposizionamento musicale dell’elettronica che, viene spogliata dei suoi tentacoli più pericolosi, per dare spazio a “contorni” evocativi (spontanei o più o meno costruiti) basati sulla risonanza e la significatività dei suoni.
Note:
(1) si pensi alla nuova complessità inglese o a compositrici come la Arlene Sierra, che cerca di riprodurre attraverso scansioni ritmiche appropriate fasi naturali, animali o addirittura strategie di guerra.
(2) vedi qui la versione italiana del suo scritto
(3) indispensabile è la prima parte della raccolta di composizioni della Mode, pubblicata nel 2004, “Sketch of now”.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.