Forze autentiche che reclamano musicalità

0
1141
photo Daniele Loreto, creativecommons.org/licenses/by/2.0/

Qualche riflessione a scopo recensivo sui seguenti lavori discografici:
-Rodrigo Faina & Change Ensemble, Different Roots, Red Piano Records, 2021
-Samuel Leipold, Viscosity, QFTF, 2021
-Manuel Zurria, Again & Again, Ants, 2021


Il compositore e chitarrista Rodrigo Faina ci offre il suo nuovo progetto accompagnato da uno stellare ensemble che si muove con la massima agiatezza tra i territori del jazz e della musica contemporanea (si tratta del Change Ensemble, una ventina di musicisti con interessi a cavallo tra i due generi menzionati). Il musicista argentino si fa ispirare sia dalla tradizione musicale del suo paese che dalla letteratura funambolica e audacemente filosofica di Jorge Luis Borges e Julio Cortazar.
Different Roots si muove con maestria tra jazz e musica d’avanguardia con una naturalezza totale, invocando ad ogni battuta il dubbio di quanto ci sia di scritto e di improvvisato. Una leggera brezza malinconica sottende l’album: An Installment Time, con il suo procedere ondivago si trascina mimando il «pensiero triste che si balla», ovvero il tango, secondo la definizione di Enrique Santos Discépolo.
Si nota appieno la volontà di collocarsi trasversalmente tra i generi, si vedano gli influssi rock e funky di A Room Full Of People, con la chitarra distorta dal timbro volutamente lisergico e vagamente rétro. C’è qualcosa di inafferrabile in queste sonorità, una sorta di “eccedenza”, una vaga sensazione di inattesa voluttà musicale, di slittamento semantico: Faina esce con le sue composizioni dall’ambito musicale. La posizione dell’artista sudamericano potrebbe essere riassunta dalla definizione di chi è contemporaneo, contenuta in un testo illuminante del filosofo Giorgio Agamben: “…contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo, per percepirne non le luci, ma il buio. Tutti i tempi sono, per chi ne esperisce la contemporaneità, oscuri. Contemporaneo è, appunto, colui che sa vedere questa oscurità, che è in grado di scrivere intingendo la penna nella tenebra del presente…”


Samuel Leipold è un chitarrista svizzero che si presenta con Viscosity, un disco per chitarra e piano che risente dello studio di musicisti contemporanei come Toru Takemitsu e Tristan Murail. Titolo quanto mai emblematico, la viscosità è una caratteristica della materia che risente della temperatura, dello stato di aggregazione della materia muta; in maniera analoga la musica di Leopold si muove per stati di aggregazione, consci di essere ben lontani dal linguaggio del jazz e di trovarci nella lingua della musica contemporanea. La seducente proposta appare intrisa di atonalismo che, come ricorda il pensatore Giovanni Piana nella sua Filosofia della musica: «L’atonalismo, […]si può avvertire ogni volta che viene rivendicata la «musicalità» di un’esperienza del suono non modificata linguisticamente, quindi di ciò che…verrebbe prospettato come appartenente ad una premusicalità amorfa».
Appare cioè quasi la volontà di far emergere la significanza del suono a discapito di un controllo del musicista, quasi a ricordare le parole di John Cage: «Mi ricordo di aver amato il suono prima di aver preso una sola lezione di musica».
Un’esperienza radicale e di ferreo impatto.

Il flautista italiano Manuel Zurria giunge al terzo capitolo di una ricerca che ha come orizzonte la ripetizione, come ricorda nell’intervista contenuta nell’album: «..In questo disco ho voluto mettere a confronto alcuni esponenti della scuola minimalista americana (Philip Glass, Terry Riley, Steve Reich, James Tenney) con un gruppo di compositori che hanno raccolto la sfida dei loro precursori sviluppandone le prospettive in maniera imprevedibile. Sono musicisti che provengono da paesi dell’Est Europeo come la Lituania (Rytis Mažulis e Ričardas Kabelis), l’Ungheria (László Sáry e Tibor Szemző) e la Slovacchia (Adrián Sáry e Tibor Szemző) e la Slovacchia (Adrián Demoč)…».
Più che la ripetizione di schemi semplici cogliamo in questo lavoro una forza autentica, come ricorda il filosofo Gilles Deleuze: «La ripetizione “nuda” è selezione pura, ripetizione del differente (non è la generalità né l’abitudine o l’identità), ritorna sulla ripetizione. Le ripetizioni “vestite” sono il mondo dei simulacri, in cui la differenza è somiglianza, l’altro è simile».
La ripetizione di Zurria si offre nella sua pura voglia di scardinare le regole, è dotata anzi di humor, come ricordava il pensatore francese in uno dei suoi saggi: «La ripetizione appartiene allo humour e all’ironia; essa è per natura trasgressione, eccezione, poiché esibisce sempre una singolarità contro i particolari sottomessi alla legge, un universale contro le generalità che fanno legge».
Again & Again
è un’opera che fa letteralmente detonare il concetto di ripetizione come generalmente viene inteso quando si parla di minimalismo.

Articolo precedenteStefano Gervasoni: Muro di Canti
Articolo successivoConcert Mécaniques de l’intuition
Nicola Barin è un appassionato di musica jazz e di cinema. Dal 2008 sino a Dicembre 2017 ha condotto il programma di musica jazz "Impulse" per l'emittente radiofonica Radio Popolare Verona. Dal 2016 conduce, per la radio web www.yastaradio.com, il programma di musica jazz "Storie di Jazz". Collabora inoltre con i magazine on-line: www.jazzconvention.net, www.distorsioni.net, www.traccedijazz.it e con la testata giornalistica www.sound36.com. Scrive inoltre per il sito della rivista musicale Jazzit, www.jazzit.it. In passato ha stilato diverse interviste per la testata giornalistica on-line Andy Magazine confluite nel progetto "My Life/My Music", curato dal critico musicale Gianmichele Taormina, che indagava i protagonisti del jazz italiano.