Alla fine degli anni ottanta del secolo scorso scarseggiavano in Italia i compositori ispirati alla geometria frattale. Quando Marco Di Bari fece la sua tesi di laurea, motivando organicamente l’origine delle sue partiture musicali, in Italia si colmò un vuoto prospettico e la sua ricerca arrivò quasi immediatamente nei palinsesti della biennale veneziana dopo che Di Bari aveva già eretto una teoria a sostegno di un’estetica rigorosa, profondamente immersa nei sistemi della percezione musicale, che giustificava e proponeva un’ascolto adulto delle strutture musicali destinato a riempire le ragioni di un naturalismo fisiologico.
In una monografia della Ricordi si scoprirono i suoi Sei Studi sul naturalismo integrale (1988), studi avanzatissimi sul pianoforte che richiamavano un linguaggio complesso in cui tutto