Unione di idee creative con potenzialità nuove. Per una concezione musicale libera, aperta e comunicativa

0
147
Giuseppe Giuliano, estratto partitura Dawn, pag. 1s, gentile concessione Giuliano

Scritto con lo scopo di offrire una coda ai saggi di Artaud e Kasparov, il breve saggio di Giuliano ha una sua autonomia e qualità intrinseca che favorisce la riflessione e il confronto su temi importanti della musica, in particolare quelli che vertono sulla validità dei nuovi linguaggi contemporanei e la loro corretta comunicazione. Partendo dalle potenzialità dell’elettronica nella composizione Giuliano ci istruisce alla fine sulle possibili conseguenze di un’arte non vacua e debitamente impegnata.
Ettore Garzia

                                                      —————

Volendo scrivere un breve intervento, non mi soffermo sui vari aspetti che l’elettronica assume a seconda delle sue diverse funzionalità musicali – elettronica pura, live electronics, musique concrète, situazioni miste, interazioni, etc. Perchè argomenti da me già trattati in altre occasioni. Ci tengo però a precisare alcuni concetti che ritengo importanti, a seguito delle mie molteplici esperienze personali che ho realizzato durante il mio percorso artistico lavorando con l’elettronica:
– La musica elettronica ha proprietà espressive mai messe a disposizione del compositore come nel momento attuale.
– Il suono totale, non solo strumentale, ma prodotto da qualsiasi fonte sonora, è ora disponibile per una nuova creatività.
– La musica, sopratutto con l’avvento delle potenzialità, messe a disposizione dall’elettronica, si emancipa finalmente dall’accademismo inutile e soffocante, per raggiungere le altre forme d’arte, come ad esempio la pittura e la letteratura, da tempo molto più avanti nel campo delle idee e nella fantasia creativa.
– La figura del compositore, come anche dell’esecutore, assume un aspetto completamente diverso rispetto al passato e recupera dimensioni creative del tutto sopite e atrofizzate da una routine artigianale ormai fine a se stessa, collocata in una realtà da riserva indiana e nemica di idee e dimensioni sonore atte a nuove realizzazioni artistiche, che si discostano dalla tradizione Quest’ultima spesso brandita come difesa corporativa, anziché considerata come ricchezza culturale, dai troppi artigiani in circolazione con velleità artistiche.
– Il tentativo del mondo accademico di inglobare i nuovi mezzi espressivi, riducendoli a pura decorazione di situazioni musicali trite e di vecchia concezione è fallito, grazie all’interazione dell’elettronica con generi musicali diversi, alla grande apertura verso situazioni musicali miste, e grazie anche al tipo di libertà creativa insita nel nuovo mezzo, gestita con disinvoltura e humor, da compositori che ne hanno capito le caratteristiche innovative e rivoluzionarie.
– L’espansione dei parametri e la dimensione spaziale hanno rivoluzionato le concezioni formali. I generi “da camera”, “sinfonico”, “teatrale” e altri, sono superati da fluidità formali e possibilità estese dei singoli parametri, per es. le durate: limitate un tempo per tenuta di fiato o tenuta d’arco, non risentono più di questo problema; le intensità, i cui limiti risiedono solo nella nostra capacità di percezione fisica; il timbro, allargato alla totalità dei fenomeni acustici; lo spazio, con le sue geometrie variabili; e altre dimensioni sonore che non sto qui a catalogare.
– La perdita dell’esclusivo carattere “scientifico”, attribuito impropriamente all’elettronica negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ha permesso lo sviluppo di una formidabile capacità comunicativa ed espressiva, conquistata attraverso la concezione del suono globale, sostenuta e prefigurata da John Cage, e realizzata da compositori molto più vicini al fenomeno sonoro che non ad una rappresentazione grafica, pietrificata in vecchi schemi.
– La passione per le novità; l’avventura; il gusto della ricerca; la possibilità di agire direttamente sul suono, modificandolo e ricreandolo a proprio piacimento; la liberazione da “scuole di pensiero” invadenti e frustranti, asfittiche e incombenti, rappresentano solo alcuni fra i passi avanti compiuti dalla nuova musica.
Potrei continuare, ma mi limito a quanto enunciato, perchè lo ritengo un sufficiente input di riflessione, e aggiungo alcune considerazioni a proposito degli esecutori della nuova musica, di cui faccio parte anch’io; importanti per mettere a fuoco professionalità e nuove figure di interpreti.
L’interprete, e con lui il concetto di interpretazione, hanno subito continui mutamenti nella storia della musica. Già il canto gregoriano più antico prevedeva notevole creatività nell’esecuzione di una musica diastematica, che nella sua parte scritta, accennava comportamenti più che dettagli e molto si basava sulla tradizione orale, suscettibile quindi di metamorfosi nei particolari, se non anche nella struttura generale. In questo caso l’esecuzione aveva senz’altro caratteri di libertà da parte dell’esecutore.
Abbiamo assistito, fino alla prima metà del secolo scorso e in certi casi anche oltre, ad una pratica interpretativa filologica e puntigliosa, dovuta a partire dal diciottesimo secolo, ad una scrittura che non prevedeva alcuna variabile creativa da parte dell’esecutore, ma soltanto un’ esecuzione il più possibile fedele alla partitura, con in qualche caso nel secondo ‘900, la comparsa di isteriche fedeltà al codice scritto, risultato più dell’autocompiacimento grafico dell’autore che non a serie esigenze musicali. In questo periodo, l’esecutore doveva essere il tramite che realizzava una composizione, scritta nei minimi particolari, e il fedele riproduttore di un’immobilità formale, codificata attraverso la partitura, dal carattere preciso e immutabile. Quindi spazio limitatissimo o nullo alla creatività dell’esecutore. Solo nel caso di grandi e affermati interpreti, potevano essere tollerate come stravaganze, alcune piccole varianti più o meno creative, sempre nei limiti stabiliti in partitura.
Con l’avvento di forme musicali di concezione più libera, senza vincoli precisi nella grafia, a carattere aleatorio, improvvisato e aperto stilisticamente, l’interprete tradizionale si scopre non adeguato a questa tipologia interpretativa, e difficilmente potrà cimentarsi in un’esecuzione fantasiosa e creativa, difettando di esperienza e di feeling con un genere a lui estraneo.
Il nuovo interprete, sovente arruolato da esperienze musicali alternative, sperimentali, di ricerca, con pratica musicale del genere elettronico, improvvisatore libero ed eclettico, non è certamente un tramite ma un musicista creativo che, nell’interpretazione del nuovo pensiero musicale, genera situazioni personali, attuando spesso in esecuzione decisioni al di fuori del controllo del compositore. È qui il fascino e la novità. Dove non solo il compositore, promotore dell’idea, agisce come unico artefice, ma crea i presupposti per interventi creativi da parte degli esecutori, con gradi di indipendenza e di autonomia che, in certi casi, possono far connotare sicuramente gli interpreti quali coautori del risultato musicale ottenuto. In questo momento di cambiamento, dove ancora coesistono, sia situazioni tradizionali che innovative, ognuno può compiere le scelte che ritiene valide per esprimere il proprio pensiero musicale, purché non si crei nuovamente una élite – la vecchia appena scardinata – con velleità di indicare agli altri “come” far musica. Aggiungo che con l’avvento del multiculturalismo e di nuove figure creative, la nuova musica d’arte potrebbe facilmente recuperare il pubblico degli ascoltatori, fuggito da accademie e routine certamente di poca, se non totalmente assente, fascinazione sonora, per accontentarsi di situazioni consumistiche ed effimere, promosse e controllate da precise scelte di mercato.
Continuando, vorrei affrontare brevemente l’esigenza della comunicazione, insita nella fenomenologia di tutte le arti. Si può affermare senza tema di errore che l’arte è comunicazione; anche se, a seconda delle varie manifestazioni nel campo artistico, la comunicazione muta e si evolve nel corso del tempo. Ad esclusione della letteratura, seppure con le dovute eccezioni, il simbolismo e l’immaginazione sono fra gli strumenti più comuni per entrare in sintonia o anche semplicemente in rapporto con una manifestazione artistica, in specie se a carattere musicale. Il fatto che l’evento musicale non può mai essere percepito completamente nello stesso istante come un quadro, ma che la sua percezione si svolge attraverso il tempo e la memoria, sembra indicare quasi una sorta di metalinguaggio. Ma nonostante alcuni tentativi di rendere la musica descrittiva o insegnarla e percepirla come fosse una struttura lineare, da decodificare a mano a mano che si rende percepibile nel tempo, questo procedimento non rende giustizia ad un’arte fluida e sfuggente alle classificazioni. I tentativi storici di formalizzare e imprigionare il fenomeno sonoro in una gabbia di logica ed efficace costruzione -quasi fosse un linguaggio, con tutti i meccanismi e le proprietà insite nella lingua parlata o scritta – nel tempo attuale e con i mezzi di produzione e trattamento del suono, non hanno più senso. Infatti, si avverte fortemente l’esigenza di libertà inventiva che sempre maggiormente è presente nel compositore, diventato quasi una figura modulare, piena di risorse estemporanee, arbitro di tutte le decisioni musicali che intende assumere, senza riferimenti a forme e tecniche che possano incanalarlo in situazioni di sicurezza quanto di convenzionalità. Le opere di John Cage e di Giacinto Scelsi, sono un esempio di come il suono resti se stesso, muovendosi fluidamente nello spazio/tempo (a volte indefinito) come immaginato dal compositore, senza il ricorso ad artifici formali e comportamentali prefigurati e di uso comune. Come un quadro, privato della cornice, nell’ottica appena descritta si estende all’infinito, come fosse ancora in progress.
Anche se la rappresentazione del suono avviene attraverso inevitabili limiti fisiologici, questi ultimi vengono forzati dalla fantasia dell’artista attraverso le novità appena descritte, al fine di ottenere una percezione multiforme e in un certo senso più vitale, che si scosta e si differenzia da chi ascolta l’opera, richiedendo un coinvolgimento molto maggiore a livello intellettuale. L’originalità di presentare un’idea musicale con esiti e modalità difformi – con aggiunta l’inventiva dell’esecutore creativo e le possibilità modulari di tutti i parametri -non mette però al riparo il compositore da banalità e insipienza. Come affermava giustamente Bela Bartok: «la composizione non si insegna» – si possono dunque studiare i vari aspetti della composizione del passato e del presente – ed è consigliabile farlo con intelligenza e spirito critico – ma essere compositori con inventiva, creatività e fantasia, è un fatto del tutto personale.
Dunque, visto l’estendersi delle possibilità sonore, si richiede al compositore una creatività che gli permetta di raggiungere livelli musicali adeguati alla sua immaginazione, senza ripiegamenti verso situazioni di sicurezza mentale, in continua ricorsività, come spesso avvenuto nel secondo ‘900. “Musica inutile” – in questo modo Franco Evangelisti definiva le situazioni artigianali prive di idee e di esigua consistenza musicale.
Facendo i conti con il momento e l’epoca attuale, si assiste a una produzione musicale consumistica di basso profilo, rivolta a soddisfare vaste moltitudini di ascoltatori ormai avvezzi al fenomeno e sempre più soddisfatti di prodotti di consumo, facile e immediato, senza pretese intellettuali ed eventualmente corredate da testi di infimo livello. Il “motivetto” di facile replicazione; il testo, a dir poco disimpegnato se non proprio trash; il corredo di suoni gravi, amplificati in continuo e ossessivo martellamento; lo stordimento acustico e le urla, usate come coinvolgimento tribale; masse di ascoltatori in stato di eccitata esaltazione, divenute preda di urlatori e incantatori, in situazioni che quasi ci ricordano altre riunioni oceaniche e altre masse esaltate, oggetto di manipolazione. Questi fenomeni sono indice di profondi cambiamenti della mentalità e del rapporto fra il pubblico e il mondo sonoro. Diventato in questo modo, strumento di controllo e di addomesticamento sociale, con importanti risvolti economici e commerciali.
Perciò se da un lato la musica d’arte ha mezzi nuovi per esprimersi al meglio, da parte del “Sistema” trova ostacoli e impedimenti di varia natura, al fine di collocarla in situazioni di nicchia, dedicate a pochissimi, in modo da impedire la sua funzione culturale, a vantaggio di manifestazioni redditizie, studiate e promosse per avvilire l’intelligenza. Direi che la letteratura non sta meglio e nemmeno la pittura, visto che tutti i media esaltano quasi solo la Street Art, e con l’avvento di Internet, i libri sono diventati ormai obsoleti.
A questo punto chiediamoci: a chi interessa l’arte e la cultura? Non certo alla politica, gestita in massima parte da personaggi che è meglio non qualificare. Non certo alla religione, principalmente dedicata alle cose materiali e ai fenomeni di massa. Non certo ai media, che amplificano e supportano questa situazione di degrado culturale con grande ignoranza e autocompiacimento. Mai la trascendenza dell’arte è stata negata e vilipesa come in questo momento storico.
Mi fermo qui, con un’ultima considerazione: l’artista è solo. Forse come è sempre stato nella storia, con pochissimi vicini a sostenerlo e capirlo. La sua coscienza gli impone di proseguire nonostante tutto. Auguriamogli buona fortuna.

Giuseppe Giuliano, Roma, 12 Novembre 2020

Articolo precedenteÉlectronique…? Pensate l’impensabile! Giuseppe Giuliano «visto da»… Pierre Yves Artaud e Yuri Kasparov
Articolo successivoMiguel Ángel García Martín al Gare du Nord
GIUSEPPE GIULIANO, artista romano con attività internazionale come compositore, pianista, improvvisatore, sound projectionist. Ospite di prestigiose istituzioni, fra cui: Centre Georges Pompidou, Cité de la Musique Paris, Ircam, Internationale Ferienkurse Darmstadt, Teatro alla Scala Milano, Autumn Festival Moscow Rachmaninoff Hall, Festival Sound Ways Saint Petersbourg, Akiyoshidai Festival Japan, Berkeley University San Francisco USA, Biennale di Venezia etc. Attività di insegnamento e seminariale: Juilliard School New York, Internationale Ferienkurse Darmstadt, Universität der Künste Berlino, UDK Vienna, Guildhall School of Music and Drama London, “P. I. Ciajkovskij” Conservatory Moscow, Saint Petersbourg Conservatory, Central University Beijing, Irino Foundation Tokyo, Conservatorio Superior de Madrid, Università di Roma Tor Vergata, Conservatorio “G. Verdi” di Milano, dove dal 1984 al 2012 stato docente di Composizione e Composizione elettronica (Live Electronics).