Furono già i greci antichi a sottolineare il valore privilegiato della ‘follia’. Nel Fedro di Platone, il filosofo greco parlò della follia come di un dono divino, luogo di realizzazione profetica, purificatoria e poetica. La verità è che la storia ci ha donato molti casi di follia conclamata, consegnandoci però allo stesso tempo persone particolarmente dotate di creatività. Una di queste è certamente Fernando Oreste Nannetti (1927-1994), un uomo che visse senza la presenza familiare e che passò tutta la vita nei manicomi o nelle case di cura mentale. Nel 1958 Nannetti fu internato nel manicomio di Volterra e lì, nel cortile del padiglione dove si trova la sua cella, comincia un’avventura incredibile: Nannetti incide con la cinta della sua uniforme su un muro dando origine ad un graffito in piena regola. Notato da Aldo Trafeli, il suo infermiere, quel graffito diventerà un oggetto d’arte Brut, 106 metri di figure da interpretare alla luce di un vissuto di chissà quale dimensione, con Nannetti che firma le sue incisioni come NOF4 o Nanof; in quella mancanza di dialettica che lo caratterizza Nannetti si professa un ‘Astronautico Ingegnere minerario del sistema mentale spazio temporale’ e la sua storia diventa fonte d’ispirazione artistica.
Tra coloro che sono stati particolarmente colpiti da Nannetti c’è anche il compositore Antonio Agostini (1969). Nato a Viareggio, Agostini è un apprezzatissimo creatore di musica le cui coordinate stilistiche partono da quell’area indimenticabile del primo Novecento,