Dei folletti tutti noi abbiamo generalmente una conoscenza sommaria, per la gran parte proveniente da fonti letterarie o credenze popolari. Solitamente un folletto si presenta con una funzione che può essere ludica o veggente ma in qualsiasi forma egli si faccia vivo provoca paura per le sue parole o il simbolismo soggiacente alle sue azioni. Dei folletti se ne parlava già nella seconda metà del settecento, con il visionario William Blake che ce ne fece conoscere uno in una sua famosa poesia, ossia “Europa. La Profezia”: nel canto del folletto si duplicavano le insoddisfazioni di un’era che predicava l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese e la stessa poesia è un free verse che spezza sui tempi. I folletti dunque sono spesso ‘profetici’, usati dagli scrittori per rivendicare una libertà dell’espressione e sono particelle del simbolismo dei tempi.
Prendendoli come un pretesto per comporre, sui folletti il compositore Maurilio Cacciatore (1981) ci ha costruito un ciclo di tre brani (1). Sull’argomento Cacciatore è caustico dichiarando che:
“…l’immaginario legato