I duetti di Ella e Louis

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In tempi di aria natalizia sembra molto azzeccato ascoltare musiche di stampo religioso, magari di quelle che la storia ci ha consegnato già centurie fa. Tuttavia, fuori dall’ambito spirituale, esiste anche una dimensione personale fatta di rapporti umani che, specie nei periodi festivi natalizi sono in grado di presentarci un candore e una tenerezza senza eguali, sentimenti oggi forse irresponsabilmente accantonati. Al riguardo per un processo di osmosi musicale e pur non essendoci nessun legame di tipo religioso, i duetti tra Louis Armstrong e Ella Fitzgerald dimostrano di poter ambire a colonna sonora di quelle qualità accennate: confesso che ancora oggi di fianco alle direzioni multiple attraversate dal canto jazz nel novecento, spesso sono più propenso ad essere annebbiato da quel magnetismo popolare implicito del famoso duo, in grado di superare anche le barriere di settori vocali affini con un maggior impegno spirituale come nei casi del gospel sound (di cui sinceramente non condivido fino in fondo il recente abbarbicamento spettacolare nelle chiese cattoliche di tutto il mondo che è la profonda conferma della sua mercificazione).
Pur essendo canzoni dal semplice trasporto testuale, le canzoni di Ella and Louis o di Ella e Louis Again, soddisfano al duplice scopo dei sentimenti gentili e della musica di qualità. Se da una parte sono echi di una civiltà (quella degli afro-americani) arrivata a maturazione, dall’altra hanno anche un’importanza storica, perchè magnificano l’età d’oro del jazz vocale fornendo il migliore embrione da usare nel canto per tutte le generazioni a venire. Una specie di bignami del canto jazz in cui poter semplicemente scoprire le tecniche di fraseggio, le dinamiche del canto, l’intonazione e persino l’umorismo.
L’esaltazione del cantante poteva finalmente avvenire anche con toni discreti e con tutta una serie di “coccole” verbali, che mostravano quelle differenze rispetto al passato come segno inevitabile di nuove consapevolezze acquisite: se i primi/e cantanti di jazz avevano come obiettivo il blues e i suoi lati oscuri (Bessie Smith, Ethel Waters, Billie Holiday), nel 1956, anno in cui furono registrati i duetti, lo swing aveva ormai raggiunto una dimensione tale da dover far i conti con le nuove proiezioni del be-bop e con un nuovo status di mercato collettivo e discografico teso a rappresentare le nuove situazioni della musica jazz. Come scrive John Fordham nel suo libro “Jazz”…”per i musicisti del periodo swing, le cantanti (tranne Billie Holiday) erano cinguettratrici, canarine necessarie per la buona salute del botteghino, ma non sempre rilevanti musicalmente….i boppers rifiutarono le leggi di mercato e nel nuovo, intenso idioma, costruito su misura per piccoli gruppi ruotanti attorno alle linee veloci dei fiati, poterono offrire scarso rifugio ai cantanti….” 
La valorizzazione delle voci, quindi, era uno spartiacque tra coloro che volevano fare intrattenimento e quelle che, per adeguarsi al be-bop, dovevano effettuare un salto di qualità. Questa considerazione nutriva la basica differenza tra il pop-jazz di Sinatra o del nostro duo, dal sorgere di cantanti come Sheila Jordan e Sarah Vaughan o del trio Lambert-Hendricks&Ross, dediti al nuovo genere boppistico. Ma certamente fare jazz popolare non implicava automaticamente fare cattiva musica: anzi, quel binomio Fitzgerald-Armstrong rappresenta uno degli ultimi e più riusciti tentativi di rendere sofisticato il canto vocale jazz, solo basandosi sulla schiettezza semplicistica della voce e dei suoi umori. Mettendo in secondo piano figure significative del jazz come Oscar Peterson, Herb Ellis o Ray Brown, destinati ad un ruolo di mero avvolgimento strumentale degli standards utilizzati, i due cantanti marchiano a fuoco, con la loro voce, gli istanti del loro tempo: in quel contrasto inimitabile tra la voce forte e serena di Ella e quella impastata e roca di Louis non solo scorrono in assoluto le migliori versioni mai registrate di quei classici standard-jazz di Gershwin, Kern, Porter, etc., ma scorre la nostra vita ideale, quella delle nostre relazioni sincere e perbeniste, quella rappresentata forse un pò grossolanamente nella commedia di Harry ti presento Sally (che non a caso utilizza la musica dei due nella soundtrack), un modello che fa sognare perchè non più ritrovabile nella realtà e per questo ancor di più prezioso.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.